“L’analisi delle Parole può far riapparire tutto ciò che è sepolto dalla notte dei tempi” sostenne – con l’ausilio di puntigliose tabelle – il francese Jean-Pierre Brisset al principio del Novecento. Faceva così da battistrada alle astruse etimologie di Groddeck e Martin Heidegger.
Nella Science de Dieu ou la Crèation de l’Homme, Brisset – ex istruttore di nuoto, ex commissario alla sorveglianza amministrativa delle ferrovie, nonché grandioso “Fou Littèraire” –, dedusse da un’attenta anatomia del linguaggio umano che l’Uomo discende dalla Rana.
Cercò quindi conferma della sua ipotesi nella biologia, e la trovò. È indubbio, infatti, che il seme maschile, visto al microscopio, sembra composto da altrettanti girini.
Anche la Mitologia confortava la sua scoperta. Il più antico degli Dei secondo i pagani era Urano. “Ure anus vuol dire: che orina dall’ano; e questo è tipico della Ranocchia”.
Un’ulteriore prova, stavolta pneumatica, vanificava ogni altra ipotesi evoluzionistica: “la Rana, come l’Uomo, può fumare la sigaretta; la scimmia non sa fumare”.
Secondo la “Grande Legge” associativa messa a punto da Brisset, una Norma che permette di scomporre le parole nel loro reale e originario significato, è dimostrato che “noi abbiamo cominciato a vivere e a parlare stando dentro l’acqua”. Nelle nostre più semplici domande, ci sono già le risposte: “Où est-tu logé?” (Dove abiti?) – si può scomporre, rispondendo per assonanza: “Où l’eau j’ai”, dove c’è acqua, dove ci ho acqua.
L’acqua è il regno fangoso della Ranocchia, da cui, evidentemente, discendiamo. « Le premier lit fut le lit mon, mon lit, le limon »: cioè, il primo nostro alloggio e giaciglio fu il limo delle paludi.
Brisset si pregia d’avere scoperto che tutte le nostre parole discendono dal gracidio dei batraci: “Le cris de la grenouille sont l’origine du langage humain”. La prova è nel loro brouhaha, la confusione che fanno le ranocchie: “quando cantano in coro negli stagni, chi le ascolta da lontano sente un brouhaha che può scambiare facilmente per un parlottio di folla umana”. Certo il gracidare delle rane attuali dà solo una pallida idea del loro conversare originario: perché tra la Rana e l’Uomo c’è stata, secondo Brisset, una nutrita catena d’anelli per lungo tempo uniti e contigui, prima che Iddio si decidesse a “annientare gli intermediari”.
Brisset, propugnava una concezione eterodossa del Darwinismo: per lui la specie umana si era sviluppata dopo aver superato tre stadi provvisori – quello del girino, quello della rana, quello di Dio.
Non dubitò mai della profondità del suo Pensiero, e neppure della sua sperimentata capacità di “analizzare” i fenomeni umani e quelli spirituali. Scrisse: “Analizziamo il verbo Analiser“: Analizzare vuol dire: ana-Liza-re, cioè scrutare una femmina (Liza, o Lise) “en arrière”, ossia, dalla parte dell’ano.
Il genio di Brisset – che oltre a La science de Dieu ou la Crèation de l’Homme (1900) e a Les Origines humaines (1913), fu anche autore d’una Grammaire Logique (1883) – brillò abbastanza oscuramente, finché le sue opere non capitarono per caso nelle mani dello scrittore Jules Romains. Romains le giudicò sublimi, inarrivabili, e si batté, nel 1913, perché la sua cerchia d’amici eleggesse l’ex istruttore di nuoto “Principe dei Pensatori”.
Brisset fu quindi convocato a Parigi, e scortato nella piazza del Panthéon fino al monumento su cui s’ergeva il Pensatore di Rodin: lì ricevette l’ambito titolo e, insieme, gli elogi sperticati e le acclamazioni di una folla di intellettuali perdigiorno in vena di goliardate. L’anziano filosofo, dicono le cronache, ne fu così commosso da non accorgersi di questa tonitruante presa per i fondelli, e scambiò le sghignazzate del suo pubblico per espressioni di gioia e di sincera ammirazione. Quando prese la parola, disse: “Tutti questi onori li accetto con cuore grato. È a Jules Romains che devo tutta questa gloria. Dio si è servito di lui per cambiare la mia oscurità in fama… Tutta l’umanità è un solo corpo… Vivremo sempre e non moriremo… Chi ha letto i miei libri ha questa certezza”. E poi, sempre più infervorato dal successo: “Questa sera, posso anche morire…”
Per usare un paragone con un film di successo: l’ingenuo Pierre fu, in certo senso, il primo dei “Cretini” da invitare a cena, nella Storia della Francia.
Brisset era anche Profeta. Aveva previsto, in un’altra occasione, l’avvento del Regno di Dio per il 1945, annunciando contemporaneamente d’essere il “settimo Angelo dell’Apocalisse e l’Arcangelo della Resurrezione”.
Dopo la sua morte, avvenuta nel 1919, l’opera sua fu riportata alla luce, e rivalutata per quel che vale, da Raymond Queneau, dal surrealista André Breton, da Michel Foucault e da Andrè Blavier.