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Avventure di Nudisti e Esibizionisti (1)

I- Chi ha fondato il Naturismo moderno? Non c’è unanimità tra gli storici, nell’identificare questo personaggio, sicuramente di sesso maschile. Francesi, tedeschi, italiani, spagnoli e un americano (Walt Whitman) se ne dividono probabilmente il merito, e come accade per tante altre invenzioni che hanno rivoluzionato i nostri tempi, non possono certo mancare in questo elenco gli inglesi, che vantano, tra gli altri, il poeta Shelley. I cechi, da parte loro, possono esibire un pallido e tardivo Kafka.

Disegno attribuito a François–Léon Benouville

Nella ridda delle ipotesi si fanno strada però due sole e certe verità: 1) che nessuno ha mai “brevettato” finora il nudismo, e quindi chi si spoglia, anche in pubblico, anche sullo schermo, non deve pagare royalties; 2) che il primo naturista della storia fu certamente Adamo. Lo seguì, dopo poche ore, quindi d’una stretta incollatura, sua moglie designata Eva: “l’ignuda Eva!”, come s’entusiasmò, raffigurandosela, James Joyce.

Dice la Genesi: “Ora Adamo e sua moglie erano tutti e due ignudi, ma non”… [2,25]. Ci aspetteremmo: ma non sentivano freddo, perché in Paradiso c’era un clima mite e meraviglioso. Invece no: “erano tutt’e due ignudi, ma non ne avevano vergogna, in grazia della loro santità originale”. Ciò significa che la vergogna fu creata prima del raffreddore.

Però, come la Fantaenciclopedia dimostra ampiamente: “non c’è niente di più opinabile del Certo“. Quindi, ci furono esegeti nel passato che si spinsero fino a negare che i nostri Progenitori fossero mai stati Nudi. Neanche quando furono “creati”. E si ricordi che in quel momento non erano neonati, ma “teenagers”.
È vero – si disse – che Adamo e Eva, prima della Caduta, non sapevano cosa fosse il pudore, ma Dio, Lui sì che lo sapeva! Era tollerabile che i due gli sbandierassero davanti le pudende al vento, come se niente fosse? Il Cardinal Caetani, fine biblista, lo negava: “Adamo ed Eva, anche prima, quando parlavano con Dio, avevan quelle parti circonvicine all’ombelico coperte, ma, poiché eran poco più che bimbi, con foglie più piccole” di quelle impiegate dopo aver peccato. Foglie che essi, per la vergogna, si cucirono pazientemente addosso, utilizzando ago e filo. La brillante teoria di Caetani, però, fu presto stroncata da Thomas Burnet: “E da dove saltò fuori quell’ago? E il filo? Ma se quei due erano stati creati da meno di un giorno!”, protestò, non senza ragione, il teologo.
Il più pruriginoso, tra tutti i “sarti postumi” di Adamo ed Eva, va considerato Johannes Leclerc (Clericus) autore di un dimenticato commentario del Genesi. Mosè tramanda che Adamo e Eva si cinsero i lombi di foglie di fico per nascondere le loro vergogne. Il Leclerc, un timido, affermò con sicurezza, a proposito di quelle cinture (perizomata), che si trattava di una semplice metafora per significare che si erano rifugiati sotto il tetto di una “capanna di fogliame”. Infatti i nostri Progenitori, già da quel dì indossavano vestiti, e coll’assaggio dell’Albero appresero solo le prime nozioni di Architettura [su queste tematiche, rinvio i lettori al meraviglioso libro di Gerbi, Il Peccato di Adamo ed Eva].

Johann Carl Loth (detto anche Lotti o Carlotto): Eva che tenta Adamo

Tanto s’ è pervertito l’ essere umano, che il presentarsi ignudi, dopo la Caduta, è diventato, paradossalmente, una “mascherata”. Non ci si scopre, ci si traveste da nostri innocenti progenitori. Costume “adamitico”, lo chiamano. Come se andassimo a una festa.
Così è l’anima dell’uomo e della donna occidentali: se si ritrovano con il corpo privo di indumenti, diventano subito inquieti, iperattivi; si sentono chiamati a qualche missione, non se ne stanno finalmente in riposo e in contemplazione, spogli di ogni preoccupazione, come i gimnosofisti, gli asceti nudi, i primitivi.

II- Inutile negare, però, che, nella Bibbia, la nudità non è mai apprezzata, ma piuttosto temuta, bistrattata, esorcizzata.
A parte la disavventura di Noè ubriaco, c’è anche l’esempio di Giuseppe, poi divenuto anche lui patriarca. Quand’era giovane, fu denudato e scaraventato in un pozzo dai fratelli, perché morisse di fame. Era un espediente ben escogitato: volevano ucciderlo senza macchiarsi del suo sangue, che altrimenti sarebbe “ricaduto sulle loro teste”. Tuttavia, un gruppo di cammellieri udì le urla del ragazzo, e lo fece uscire da quella cavità, non tanto per soccorrerlo, quanto per venderlo come schiavo agli Ismaeliti. C’è a questo punto una versione midrashica di questi passi del Genesi, che si preoccupa di tranquillizzare i sospetti più scabrosi: per evitare al figlio di Giacobbe “la vergogna di mostrarsi nudo a degli stranieri”, “Dio lo provvide miracolosamente di una veste”.

Il giovane Giuseppe e la moglie di Putifarre

III- De Sade biasimava il pudore, con argomenti magistrali, come questo: “Se fosse stato nelle intenzioni della natura creare l’uomo pudico, certamente essa non l’avrebbe fatto nascere nudo”. Si tenga però conto che, come l’Evoluzionismo insegna, è assai probabile che l’uomo e la donna non siano comparsi sulla Terra ignudi, ma con tanto di pelo scimmiesco sulle verecunda.
Aggiunge il divin Marchese nella sua Filosofia, che il pudore é stato creato per nascondere i difetti del corpo: “lungi dall’essere una virtú, non fu altro che uno dei primi effetti della corruzione, uno dei primi mezzi della civetteria delle donne. Licurgo e Solone, avendo ben intuito che i risultati dell’impudicizia tengono i cittadini nello stato immorale, essenziale al governo repubblicano, obbligarono le giovani a mostrarsi nude a teatro”.

Cesare Gennari: Ipparchia la cinica come poetessa

Tuttavia: l’Amore è imprevedibile; il fuoco della passione elide e appiana ogni difetto fisico.
Si racconta che Ipparchia di Maronea sia stata follemente innamorata del sapiente, decrepito e poverissimo Cratete, suscitando lo stupore e lo sdegno dei genitori, dei parenti, ma soprattutto di Cratete stesso. Finché il filosofo la convocò di fronte a padre e a madre e l’apostrofò in questo modo: “Ma dico, vi rendete conto chi è l’oggetto del vostro amore? Non voglio nascondervi niente, ecco il vostro sposo! – disse, liberandosi di tutti gli indumenti –; poi, dopo aver gettato il sacco e il suo bastone, ecco – aggiunse, mostrandogli la gobba sulla schiena – la sopradote che ho in serbo per mia moglie! Guardate se vi piace, e se vi potete accontentare di questa bella prospettiva di convivenza!”.
Ipparchia accettò senza porre condizioni, e sposò il vecchio Esibizionista, che col suo “Ecce Homo” s’era prestato a un concorso di bellezza all’incontrario. Aggiungono Plutarco e Diogene Laerzio, che la fanciulla, presenti i genitori, si congiunse con Cratete sotto lo stesso mantello del quale il filosofo s’era appena liberato, e “così consumossi il Cynico matrimonio”. Ipparchia fu anche famosa per questo: il filosofo Teodoro, da lei confutato, reagì denudandola pubblicamente; ma la donna non ne provò alcuna vergogna.

Europa sostenuta da Asia e Africa

IV- Ryōnen Gensō, vissuta in Giappone tra Sei e Settecento, era una monaca casta, famosa per la sua eccezionale bellezza. Un monaco si introdusse di notte nella sua cella e le chiese di giacere con lui. Senza scomporsi, Ryōnen accettò, a condizione che il connubio fosse rimandato al giorno successivo.
L’indomani nel Tempio si commemorava l’Illuminazione del Buddha, e come sempre in questi casi si era radunata una grande folla. Iniziando le celebrazioni, Ryōnen entrò nella sala stipata di fedeli, sciolse la veste e si denudò completamente. Quindi andò verso il monaco importuno e, dinanzi a tutti, nel modo più innocente gli disse: “Eccomi, sono pronta: se vuoi puoi amarmi, qui, adesso”.
Il suo seduttore, sconvolto e scornato, fuggì dal Tempio.
Così racconta Taïsen Deshimaru.

V- Professionisti del Nudismo, naturalmente “ante litteram”, vanno considerati i popoli più primitivi. Questo dialogo illuminante ci è stato conservato dal linguista Roman Jakobson:
«In Africa, un missionario rimproverava i suoi fedeli perché andavano nudi. “E tu?” ribatterono indicando il suo volto, “non sei anche tu nudo in qualche parte?” “Certo, ma questo é il volto”. “In noi dappertutto é il volto” risposero gli indigeni».

Théodore Chassériau: Étude de nègre, d’après le modèle Joseph (1838)

Gli stessi popoli rivelano a noi occidentali, pervertiti dalle mode e dall’abbigliamento coatto, che esiste un rapporto diretto tra ciò che si tiene normalmente nascosto e l’attività del Pensiero. Nell’Africa francese, dopo il 1830, circolava una battuta tra le donne indigene, quando i loro uomini e mariti, gli Zuavi che militavano nell’Armata, furono costretti ad abbandonare il nudismo e vennero dotati dei celeberrimi pantaloni “alla Zuava”. “C’est agaçant! avec ces pantalons, impossible de savoir ce qu’ils pensent!“(“È davvero irritante! Con questi pantaloni addosso, non si può più sapere quello che pensano!”)
La testimonianza é del colonnello D’Artigny, ed é riportata dall’informatissimo Dictionnaire de la Bêtise.

VI- La labile frontiera che separa la Gratitudine dall’Odio, viene invero superata per i più disparati, e futili, motivi.
Durante una notte di tregenda, a Fondi, Giulia Gonzaga sfuggì al rapimento che il corsaro Barbarossa, solo perché aveva udito meraviglie sulla sua bellezza, aveva ordito per stuprarla (o, in alternativa, per farne dono al suo signore, Solimano I).
Dicono che, avvertita del pericolo, la contessa si salvò saltando dal letto, così com’era, montando un cavallo che corse via come il vento.
Brantôme racconta che solo i suoi piedi erano nudi, ma altri maliziosi affermano che fosse “nuda in camicia” (nue en chemise), come, appunto, si conviene a una dama che, fatta la toeletta, già si era coricata.

John Collier: Lady Godiva

Un altro storico specializzato negli aneddoti amorosi, il Mouchet, riferisce che il gentiluomo che aveva sventato il rapimento, svegliandola, l’abbia poi accompagnata nella sua cavalcata. Giulia Gonzaga, non gli fu riconoscente: “per tutta ricompensa, ella lo fece pugnalare poco dopo, per il dispetto d’esser stata vista nuda da un uomo”. Il fatto, però, non è storicamente accertato.
Anche la stizza del pirata Barbarossa ebbe modo di placarsi, in modo ugualmente barbaro: tornò a casa senza preda, ma, in compenso, bruciò Fondi.

Giulia quindi, non fu solo una Lady Godiva (990-1067) ante-litteram, ma probabilmente anche il prototipo della famosa “Contessa Scalza”, (progenitrice della Dama in ermellino di Lubitsch), leggenda rivisitata da Manckiewicz nel film omonimo. La sua vendetta ricorda naturalmente quella di Diana sul povero Atteone.

Congresso naturista di San Diego, 1935:
esibizione di “Alpha the Robot” e di “Zorine, Queen of Nudists”
Tags: AdamoAntonello GerbiBonifacio Caetani (Cardinale)Costume "adamitico"CrateteDictionnaire de la BêtiseDioDiogene LaerzioDonatien-Alphonse-François de Sade (marchese)EsibizionismoEvaFantaenciclopediaFranz KafkaGenesiGiuseppe (Patriarca)grandineIpparchia di MaroneaJames JoyceLaurent BordelonLicurgoMatrimonioMiracoliNaturismoNoèNudistiPercy Bysshe ShelleyPlutarcoPopoli cosiddetti primitivipudoreRoman JakobsonRyōnen GensōSoloneSortilegiTaïsen DeshimaruThomas BurnetWalt WhitmanZuavi
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Adan Zzywwurath (Franco Porcarelli) giornalista, produttore, sceneggiatore di film, documentari e fumetti, ha pubblicato 5 libri.

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