“La Storia formicola di Nani”, afferma impietosamente il teratologo Ernest Martin. Nell’elenco di esseri umani di ridotte dimensioni che “hanno fatto la storia”, Fiedler annovera: il nano Esopo, favolista; lo storico minuscolo e (si insinua) proprio per questo, vituperatore, Procopio; Gregorio di Tours; Godeau arcivescovo di Grasse; Carlo III re di Napoli; Ladislao I di Polonia; Pipino il Breve, e persino Alberto “il Grande”. “Uladislas Cubitalis”, che regnò in Polonia nel 1306, e che fu un celebre guerriero, pare fosse anche lui un nano: almeno questo sostiene il Dictionnaire des Merveilles et Curiosités.
Ci sono stati e ci sono, tra i Nani, anche dei grandi artisti o letterati. Eliano, del poeta Fileto (o Filita) di Cos, lillipuziano, racconta: “portava (così dicono) dei calzari con le suole di piombo, per evitare che il vento, quando soffiava forte, lo gettasse a gambe all’aria”.
Il polacco Józef Boruwłaski, musicista, nonché “uomo di vaste conoscenze e cultura”, si era fermato a settantacinque centimetri d’altezza.
Un trauma terribile limitò nell’altezza il pittore Henri de Toulouse-Lautrec, che si sostenne per tutta la vita su due gambe infantili; il prodigioso musicista Michel Petrucciani era alto poco più che le zampe del suo pianoforte a coda, ma il suo talento, anche come “latin lover”, era straordinario.
Secondo Leslie Fiedler l’unno Attila, “il più sanguinario tra tutti i killer coronati”, era probabilmente un Nano.
Sulla statura Attila, in verità, le fonti contemporanee non sono esplicite (forse per comprensibile timore di mandarlo in bestia); però par certo che “il flagello di Dio” tenesse un nano, come favorito, nella sua corte, e in questo caso – nota lo studioso – ci troveremmo di fronte al primo re nano che abbia mai goduto la compagnia paritaria d’un nano di corte, nella storia dell’Umanità.
Tra le “Vite d’ombra” che più mi impressionano, ci sono quelle dei Fenomeni, quasi sempre nani, “dati in dono” ai sultani o acquistati dai potenti, come meraviglie per le loro corti, i loro svaghi.
Ludovico il Moro, si dice, per rallegrarsi “a carissimo prezzo” importò “un nano da Chio”. Morgante, chiamato con ironia “il Gigante”, fu celebre “omunculo” del Rinascimento, il favorito di Cosimo de’Medici. Lo si vede immortalato e ignudo, come Bacchino, in una fontana del giardino di Boboli.
E il già citato Dictionnaire des Merveilles et Curiosités, volume dell’Enciclopedia Teologica di Migne, ricorda altri di questi prodigi, dai quali i Potenti malvolentieri si separavano: “Nel 1592 presentano al duca di Parma un nano, Jean d’Etrix, che non superava il metro d’altezza, e che s’era acquistato una certa rinomanza come giocatore di tric trac. Durante le nozze del duca di Baviera, alla corte di Württemberg, si servì un’oca e ne uscì un cavaliere nano armato da capo a piè”.
Nicolas Ferry, detto Bebè, nano del re Stanislao Leszczynski, duca di Lorena, alla nascita era lungo appena 24 centimetri; uno scarpone imbottito di lana fu la sua prima culla. Troppo piccolo persino per essere allattato da una normale mammella umana”, era stato battezzato dentro un piatto di portata. Descritto dai cronisti come “beone” e “depravato”, Bebè morì di precoce decrepitezza a 25 anni, quando era riuscito a raggiungere la considerevole misura d’ottantanove centimetri.
Si considerava il Nano un segno distintivo di nobiltà, di regalità, un simbolo da porre accanto al trono, allo scettro, la corona. Ogni corte d’Europa era disposta a svenarsi, pur di avvalersi dei servigi d’una simile creatura. Caterina de’ Medici e l’Elettrice di Brandeburgo non trascurarono alcuno sforzo per perpetuare una autoctona stirpe di minuscoli Pigmei dentro le loro regge smisurate: tale era il bisogno dei loro lazzi e ghiribizzi. Le due dame regali, obbligavano i loro Nani maschi e femmine a sposarsi, e a accoppiarsi, “senza dubbio allo scopo d’assicurare ai monarchi futuri un reclutamento più facile” di queste meraviglie. I Nani però, nonostante i solleciti, non procrearono mai.
In Francia, “Nano di Corte” era un titolo ambito, remunerato e ufficiale. Una riforma di Luigi XIV abolì la professione, insieme a quella di “Fou”, o “Matto” di Corte.
Maggiormente si avvicina ai Potenti ed entra nella loro confidenza, tanto più – però – questo Piccolo Popolo cessa d’essere “buffo”. Il suo punto di vista “inferiore”, ma penetrante, diventa un’indispensabile fonte di consigli. C’è un uso “politico” del Nano, che lambisce tutta la Storia Umana, anche se si preferisce non parlarne, nei testi sacri delle Università.
Cesare Augusto e (duemila anni dopo) il colonnello Nasser non mancavano di consultare i loro Nani prediletti sulle più gravi faccende dello Stato. Il feroce Tiberio, quando aveva smania d’uccidere o mandare qualcuno al supplizio, interrogava un suo favorito rachitico, dal quale tollerava persino d’essere preso in giro. “Carachus, consigliere personale dell’illustre Saladino, era un nano”. Il celebre lillipuziano Jeffery Hudson, favorito della regina Enrichetta, “morì nella prigione di Westminster nel 1682, dov’era recluso per cospirazione politica”.
Abramo Lincoln stravedeva per i Nani. Fiedler ricorda che il presidente sospese un’importante seduta del suo gabinetto per scambiare alcune amichevoli battute con un famoso nano, il commodoro Nutt, gran freddurista.
Un altro ultrabrevilineo famoso, la spia Richebourg, “riusciva a passare per un infante e durante la Rivoluzione del 1789 poteva quindi consegnare e ritirare messaggi segreti in Francia per conto dei suoi aristocratici padroni. Quando poi arrivava in una casa amica, tirava fuori il dispaccio nascosto nella cuffia di pizzo e si accendeva un sigaro”, come Baby Herman, il neonato dei cartoni di Roger Rabbit.
Nei secoli a noi più vicini, il Piccolo Popolo cominciò una inarrestabile decadenza. I Circhi (dove già si mostravano) sostituirono in toto le Corti, e i Nani persero via via la parola, o il diritto allo sberleffo “politico”: vennero reclutati come clown o come semplici attrazioni teratologiche, “fenomeni da baraccone”.
Nel luglio del 1938, si tenne, a Budapest il “Primo congresso mondiale dei Nani”, con l’evidente scopo d’orientare l’opinione pubblica internazionale a favore di questa minuscola, ma agguerrita, popolazione. Il “Congresso dei Nani” sollecitò la curiosità e l’ironia dei giornali che venivano pubblicati in quegli anni sotto il controllo dei regimi dittatoriali. Il presidente dell’Associazione di Budapest, Giulio Gont (alto 75 centimetri), a capo d’un movimento che contava 250mila affiliati, veniva sbeffeggiato con il titolo di “Führer di Lilliput” o anche “Millimetternich”.
In un’intervista Gont spiegò: “chiediamo che sia votata una legge, che interdica ai nani di contrarre matrimonio con persone non della loro razza, dacché la nostra specie – e intendo la razza dei nani ereditaria – non deve spegnersi”. Altro provvedimento urgente: impedire che i soggetti di piccola statura venissero torturati per arrestare la loro crescita normale allo scopo di “produrli nei teatri”.
Il mondo purtroppo era sul baratro di un nuovo conflitto, peggiore di ogni altro, e il Congresso non ottenne risultati rilevanti.
La guerra tuttavia non poté fare a meno dei Nani. Furono lungamente utilizzati nelle industrie belliche nordamericane per lavorare nello scomodo interno delle ali dei bombardieri, e quest’impiego veniva mostrato con soddisfazione dei committenti nei documentari di propaganda.
[in copertina: Scipio Clusone e il suo valletto nano, di Tintoretto]