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Lazzaro di Betania, "Principe e primizia dei Resuscitati".

Narra il Profeta Maometto, che Abramo chiese all’Altissimo: «“Signore, mostrami come fai rivivere i morti”. Dio domandò: “Perché? Non ci credi?” Abramo rispose: “Sì, certo, ma vorrei rassicurare il mio cuore”». La Fede non dubita. È il cuore, che tentenna: non osa sperare. Certo sarebbe d’aiuto all’Anima, o all’Intelletto, la testimonianza diretta di un vero Redivivo.

Elias Canetti, sublime letterato e filosofo del secolo XX, nutriva questa speranza “grande, enorme”: “che un morto possa stare improvvisamente davanti a me e che non sia un sogno”. A suo parere, “il desiderio di riportare alla vita è il nocciolo di ogni Fede”. È difficile credere veramente, secondo lui, a una religione, se questa  non fa risorgere chi non c’è più. “Da quando non temiamo più i morti, sentiamo nei loro confronti una sola, smisurata colpa: di non essere in grado di riportarli fra i vivi”. “Mi sembrano disprezzabili” – conclude Canetti  – “i sacerdoti di qualsiasi religione che non sappiano far ritornare i morti […]. I morti, loro li tengono bloccati dall’altra parte”.

Non sempre è così. Quando però, poi, ritornano davvero – grazie a quel “Miracolo dei Miracoli” che è: risuscitare i morti –, i Defunti troppo spesso ci deludono.

Benjamin West: Elia riporta in vita il figlio della Vedova (“..E l’anima del bambino tornò di nuovo dentro di lui…”)

Elia (1Re, 17, 18) miracolosamente riportò in vita il figlio di Sarepta. Come ha vissuto, dopo, quel giovinetto? Non ne sappiamo nulla. Forse, come un ottuso gratificato senza merito. Anche Ezechiele (37, 1-14) notoriamente resuscitò un certo numero di morti. La Tradizione però si divide, quando racconta il loro destino. Secondo Rabbi Eliezer, « i morti che fece rivivere Ezechiele si alzarono in piedi, cantarono un inno e poi morirono. E quale inno cantarono? […] “Il Signore fa morire con giustizia, fa rivivere con la sua Misericordia” ». Un altro Eliezer, però, figlio di Jose ha-Galili, (lo tramandano i Midrashim) ha detto: “I morti che Ezechiele fece rivivere, tornarono in Erez Israel, si sposarono e generarono figli”. Ma mentre nel primo caso la testimonianza di quei defunti è evidente, è mai possibile che, nel secondo caso, gli altri, i sopravvissuti, non abbiano mai raccontato cosa era loro capitato nell’Aldilà, e che nessuna cronaca riporti un loro racconto, o due parole rivelatrici? Cosa dicevano ai figli, alle mogli? Come sfuggivano alla legittima curiosità dei vicini, dei contemporanei?

Lazzaro di Betania – che può essere considerato il “Principe dei Resuscitati” –, “dormiva” nel sonno della tomba da tre giorni, quando fu “svegliato” per intervento diretto del Messia (Giovanni, 11, 11 e segg.): ma neppure lui, purtroppo, ci ha mai spiegato cosa ci attende, una volta entrati nel Sepolcro. 

Rembrandt Harmenszoon van Rijn: La resurrezione di Lazzaro

Non era Lazzaro, appena richiamato in vita, il più potente di tutti gli alleati di Gesù? La sua testimonianza su quello che troveremo oltre la soglia della Morte, non poteva confermare la dottrina del Cristo presso gli stolti e increduli Giudei più che ogni scrittura dei Vangeli? Lazzaro, però, non fu mai l’araldo della nuova Fede.

Gesù, certo, era scettico sulla possibilità di convincere il mondo ebraico solo attraverso i miracoli, per quanto grandi essi fossero. Cosicché, nella parabola – che raccontò – del ricco Epulone (Luca, XVI, 19-31), c’è forse la chiave per comprendere il motivo per il quale non si servì della formidabile arma di propaganda costituita da Lazzaro.

Il ricco Epulone, miscredente, è morto e finito tra i dannati. Adesso, torturato e arso dalla fiamme, chiede ad Abramo di esaudire una sua preghiera: che il Patriarca mandi il giusto Lazzaro, un mendicante  (si noti l’omonimia col risorto) – anche lui morto ma, ora, tra i Giusti –, a casa sua, ad avvertire i familiari, “per attestar loro il mio stato affinché non vengano anch’essi in questo luogo di tormenti”. 

Evangeliario di Echternach: Parabola di Lazzaro e del ricco Epulone

Abramo non accetta. Taglia corto: i fratelli di Epulone “hanno Mosè e i Profeti, che li ascoltino!”.  Ma il reietto insiste: “No, padre Abramo, ma se qualcuno dei morti andrà a loro, faranno penitenza”. È evidente che in questo dialogo – talmente realistico che un cristiano crederà sempre sia davvero accaduto –, si gioca una partita teologica decisiva. La Fede, o il Dio, che riusciranno a muovere i Morti a testimoniare la giustezza dei loro dogmi, delle loro Rivelazioni, certificheranno così d’essere, per sempre, la vera Fede, il vero Dio.

Sembra così semplice, eppure: i Vangeli ci hanno negato questa certezza, questa opportunità. Spiccio, il Patriarca rimbrotta Epulone, e chiude definitivamente il discorso: “Se non ascoltano Mosè né i Profeti”, gli oppone Abramo, “non crederanno neppure se uno resuscitasse dai morti”.

Ragionamento logicamente irreprensibile: – perché, infatti, credere alle parole d’un morto qualsiasi, quando non si dà fiducia a quanto hanno detto, da Vivi, i più autorevoli Mosè, o Abramo stesso? Il diniego, però, apre voragini di sconforto.

Jan Müller: Lazzaro risuscitato

C’è molto pudore nella storia di Lazzaro di Betania. Forse, troppo. Il Risorto presto scompare, non parla più. Nella cronologia evangelica successiva, Lazzaro  è uno dei convitati del banchetto del Fariseo, a Naim, di cui parlano Luca (7, 36-40) e Giovanni (12, 1-11). A nessuno viene in mente di interrogare il redivivo sulla sua esperienza funebre e il suo ritorno in questa terra; il fresco resuscitato sembra quasi in disparte: tant’è che il personaggio principale della tavolata diviene una donna (identificata con Maria di Magdala), che lava i piedi di Gesù, e glieli asciuga usando i capelli.

Quando Maria Magdalena e Marta, in segno di dispregio, vennero scaraventate dai Giudei anticristiani su una barca senza vele e senza remi, alla deriva, perché morissero di stenti – con loro, dice la Tradizione, c’era anche il fratello, Lazzaro. La barca, narra Gilio da Fabriano, naufragò sulle coste francesi,  e “Lazzaro secondo alcuni fu fatto vescovo di Marsilia, il quale visse molt’anni santamente”, e operò molti miracoli. Purtroppo questa pare sia una leggenda, una bella favola.

Jean-Jacques Henner: Frammenti

Un uomo risuscitato dal Cristo, personalmente! Non avrebbe meritato una diversa fama, immortale, persino tra i Galli romanizzati? Invece, niente: l’oblio, un’assenza pressoché totale di memoria. Come mai questa tragica  lacuna?

Il fatto è, che la seconda vita di Lazzaro, desta orrore.
Il letterato russo Leonid Andreev, in un suo racconto, ce l’ha rivelato – coraggiosamente, definitivamente. Il Risorto, per Andreev, è rimasto un Morto Vivente, un cadavere ambulante. Livido, colle piaghe della putrefazione bene in vista, intollerabile e “funestamente estraneo” per i contemporanei,  per amici e nemici, per cristiani e idolatri. Detto in altri termini: sarebbe stato meglio, per lui, che non fosse mai ri-nato.

Per questo, colui che la Chiesa venera come testimonianza vivente della gloria di Gesù (Giovanni, 11, 4), secondo Andreev è trascorso tra gli uomini come un nuovo Caino, un “maledetto” marchiato da un Segno di Tomba, peggiore del fratricidio.

La verità è che, cosciente o no, tutta l’Umanità processa ancora il fratello di Marta e di Maria, con l’accusa peggiore: che “l’enigma sovrano della Morte” sia rimasto tale per tutti, un enigma, anche dopo il  suo ritorno. Nulla Lazzaro di Betania ci ha rivelato della Morte. E col suo silenzio ci ha condannato persino all’atroce dubbio, che, di là, dall’Altra Parte, ci sia il nulla, un Niente che non merita nessuna parola.

copertina del DVD del film Il Volto, di Ingmar Bergman (The Magician – collezione Criterion)

Quando Lazzaro, il Risuscitato dal Cristo, si trovò, convocato, di fronte all’imperatore di Roma, questi gli domandò: “Sei Cristiano?”.
E Lazzaro rispose: “No”.
Non mentiva, né simulava per sottrarsi alla persecuzione. Questo colloquio non avvenne mai, probabilmente, altro che nell’immaginazione di Andreev, ma potrebbe essere davvero il coronamento della sua seconda avventura umana. Forse non ha mai perdonato a Gesù, un suo “amico”, di averlo fatto fuoriuscire dalla tomba.

Nel giorno della Resurrezione delle Carni, Lazzaro – e con lui solo pochi altri –, potrà ostentare una certa indifferenza: perché ci è già passato. Lo si potrà interrogare per sapere se tra la prima, e l’ultima, delle sue resurrezioni c’è stata disparità, e di che tipo.
Non è detto, però, che Lazzaro ci risponderà.

[Testo ripreso dalla Fantaenciclopedia]

[in copertina: Vincent Van Gogh: La risurrezione di Lazzaro (1890) – particolare]

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