Prima del trionfo della Globalizzazione (che non è fenomeno solo economico e culturale, ma arruolamento coatto dei Desideri) esistevano ancora tra i cosiddetti “primitivi” nostri contemporanei molti dubbi riguardo alla catena causale che presiede la nascita degli esseri umani. Nelle isole del Pacifico, si riscontrava a esempio una certa ignoranza, e persino scetticismo, per quanto attiene il nesso tra congiungimento sessuale e concepimento. Il che rendeva quanto meno chimerica, presso certi popoli o tribù, qualsiasi ragionevole pratica contraccettiva.
Si riteneva piuttosto che lo “spirito” d’un morto o di un antenato fosse entrato nel ventre della donna, o che le fosse penetrata in grembo l’anima di un animale totemico defunto. Liberarsi di agenti come questi diventava di conseguenza più complesso e certo più “rituale” che non in Occidente.
Non è giusto stupirsi o sorridere di queste che a noi paiono ingenuità. L’atto sessuale è sempre lontano dai primi sintomi della gravidanza, e non ha nemmeno, sempre, questo risultato.
Perciò, secondo Marc Twain (“Diario di Adamo”), il nostro progenitore, non avendo assistito al parto d’Eva, non capì che Caino era suo “figlio”, e quando era piccino, lo scambiò per un canguro.
In un certo senso, i popolani del Pacifico si comportavano scientificamente, sulla base delle loro personali osservazioni e le loro limitate conoscenze.
In più, essi liberavano l’amplesso da qualsiasi futuro senso di colpa o di responsabilità: restava istinto, e ricerca del Piacere.
Certi studiosi dicono, poi, che questa preistorica – e per alcuni versi, felice – “ignoranza” sarebbe ancora la nostra condizione, se qualcuno non illuminasse i giovani sessualmente maturi sui “fatti della vita”. Così asserisce, per esempio, Heini P. Hediger. Il che spiegherebbe come mai noi subiamo profondamente i contraccolpi psichici legati a certe conoscenze, o a certe esperienze, che riguardano la sfera sessuale. Se tutto, in essa, dipendesse dalla natura e dall’istinto animalesco, non si capisce da dove scaturiscono i nostri traumi.
Per la verità, i meccanismi della generazione umana sono stati un mistero anche in Occidente, fino a un’epoca a noi davvero prossima. Basti pensare che lo “spermatozoo”, che pure era lì da centinaia di migliaia di anni, fu scoperto e captato grazie al microscopio solo nel 1677, dallo studente Johan Ham van Arnhem e dall’ottico olandese Antoni Van Leeuwenhoeck. (Non ho ben chiaro come i due si procurassero cospicue dosi di seme umano per le loro osservazioni).
Ancora nel tardo Ottocento, almeno una delle tribù native dell’Australia Centrale ignorava la dinamica del concepimento e della generazione. Uomini e donne non sapevano che “l’umanità si riproduce mediante l’unione dei sessi”. Racconta James Frazer ne Il Totemismo che, “quando questa idea viene loro suggerita, essi la respingono decisamente“. Per loro l’occidentale è, in questi casi, vittima d’un pregiudizio, oppure ingenuo come un poppante. Par quasi di sentire i loro risolini appena accennati, di cogliere i loro scambi, complici, di occhiate: “Senti cosa dicono, questi Bianchi, senti cosa si inventano!…”. Ci ritorcono contro l’ironia ben nota a noi adulti quando dobbiamo rispondere a un ragazzino petulante che insiste nel chiederci: “come nascono i bambini“? e che, sull’argomento, sciorina ipotesi infantili.
Questi aborigeni australiani sanno bene che sono gli Spiriti dei morti a ingravidare le loro donne. Ci sono magazzini di Spiriti dei loro antenati, sottoterra, sparsi un po’ ovunque nel loro paese. Le anime dei Trapassati profittano delle ragazze, delle matrone, e persino delle più anziane, se transitano da sole nei paraggi.
Naturalmente, nelle tribù si sono accorti che “gli Spiriti mostrano di preferire le donne giovani e grasse”. Ma non hanno pensato minimamente a mettere in relazione il fatto che le fanciulle in questione siano rimase incinte dopo un loro recente connubio o matrimonio.
Anzi, spetta alle ragazze ingegnarsi per evitare il sopruso degli Spiriti. Le pratiche contraccettive a cui ricorrono sono allora davvero inaspettate e fantasiose:
«Quando una giovane grassottella che cerca di evitare il peso della maternità è costretta a passare per uno di questi luoghi, dove si crede siano nascosti gli Spiriti disincarnati, si maschera come una vecchia megera e passa oltre zoppicando, […] e mormorando con voce fessa e ansimante: “Non venire da me, sono una vecchia”».
Stratagemma che deve aver funzionato, chissà quante volte. Ci sarà pure una statistica, tra i nativi dell’Australia, che premia queste astuzie “profilattiche”.
[in copertina: pittura rupestre dei nativi australiani nel Kakadu National Park, foto di Isabel Redie]