Jerry era, come comico, devastante quanto un arsenale “atomico”: dovunque arrivava, il mondo poi non era più lo stesso. Era l’erede di Stan Laurel & Oliver Hardy anche in questo, apparteneva alla stessa linea di pensiero e di azione. Ma Stanlio & Ollio erano sostanzialmente irresistibili e esilaranti perché, nelle loro dinamiche di coppia e nelle loro scorribande distruttrici, mantenevano, in un corpo spropositatamente adulto, la loro anima di “bambini”. Di qui ripicche, risse, ragionamenti che sovvertivano ogni Lapalisse, parapiglia dovuti soprattutto alla goffaggine e alla prepotenza dell’uno o dell’altro. Il mondo si rimpiccioliva intorno a loro, anche quando, da “Monelli”, abitavano enormi scenografie destinate all’inevitabile sfacelo. Jerry invece era il “Bambino già Cresciuto”, che voleva essere accettato dalla società ma restava sostanzialmente un Disadattato. Nonostante tutti i suoi sforzi per adeguarsi al mondo, la sua voglia di “strafare” (per citare Kathleen Freeman ne L’Idolo delle Donne) era fondamentalmente “eversiva”. Scaturiva dai suoi film (in specie da quelli realizzati come “total filmmaker” dal ’60 in poi) una critica dei “modelli sociali vincenti” radicale, totale, una “critica dei poteri” spesso incompresa, perché nascosta dalla vistosità e dalla virtuosità delle smorfie con le quali l’accompagnava. Smorfie esagerate, esagitate, che invece costituivano una coerente estensione della sua facoltà e volontà di attuare misure sovvertitrici, senza appello.
Seguono qui due esempi delle sue capacità di “distruttore”: le ho estratte da un film che può essere considerato “minore”, tra i suoi: Il Mattatore di Hollywood (The Errand Boy, del 1961). Ma un film utile anche per ricordare che tra i bersagli preferiti dell’Eversione di Jerry Lewis, c’è stato anche e soprattutto il Cinema. E in particolare quello degli Studios delle Majors, un “sistema di Potere sull’Immaginario” che Jerry, insieme al miglior cinema europeo, ha contribuito a sconfiggere e infine a seppellire definitivamente negli anni ’60.
Jerry è stato sempre qualcosa, anche molto, di più di una “Maschera Comica”. Era energia comica allo stato puro. Incontenibile. Gli bastava una scintilla, una provocazione, e cominciava a bombardare lo schermo, la tv, i palcoscenici, di gag e improvvisazioni. Spesso dalla gola gli uscivano, contemporaneamente, due o tre “voci”. Era anche lui, come ho cercato di dimostrare in un altro articolo, un tourettiano, un monumento alla “Sindrome di Tourette”. Poteva “imitare” all’istante qualsiasi personaggio, cosa o situazione. Tutto quello che va al di là dell’istrionismo è sindrome, e cioè critica: ripudio degli standard.
Un piccolo tributo al suo camaleontismo: un frammento del rarissimo, almeno in italiano, Più morto che vivo (Living it Up, 1954), una “parodia” diretta da Norman Taurog della commedia classica Nulla di Sacro:
Ne Il balio asciutto (Rock-A-Bye Baby), film del 1958 diretto da Frank Tashlin: Jerry Lewis (16 marzo 1926 – 20 agosto 2017) imita Elvis Presley, Carl Perkins e le altre icone del Rock ‘n ‘Roll: