I- Nulla ci àncora alla nostra condizione di miserabili e mortali quanto la diuturna e notturna convivenza coi nostri bisogni fisiologici più crudi, vergognosi e elementari. Si legge in Montaigne: «Ermodoro, il poeta, aveva fatto in onore di Antigono alcuni versi nei quali lo chiamava figlio del Sole; e lui di rimando: “Colui” disse “che vuota la mia seggetta sa che non è affatto vero”».
Sulla seggetta siamo sempre neonati, appena più accorti e aggraziati d’un fantolino tra le fasce.
Quando «un monaco domandò a Ummon: “Che cos’è Buddha?”. Ummon gli rispose: “Sterco secco”».
Ummon era un perfetto seguace del buddhismo Zen, ed è normale che nei loro detti (o koan) i santi di quel culto diano la prima risposta che passa loro per la mente.
L’applicazione pratica di questa fulminante massima, si trova, probabilmente, nel Tibet dei Dalai Lama. A detta di Voltaire, quando ci si rivolge al Buddha reincarnato per dirimere una certa questione, il Dalai Lama comincia, secondo il suo divino costume, col distribuire ai contendenti “il contenuto della sua seggetta”, cioè: un escremento. I “rivali lo ricevono dapprima con uguale rispetto, lo fanno seccare al sole, e lo incastonano in piccoli grani di rosario che baciano devotamente”. Salvo poi a prendersela con quelle reliquie, nel caso il Lama abbia dato loro torto.
II- Destino di certe evacuazioni è quello d’essere evocate nelle dispute più accese, negli smacchi subìti, nei giudizi lapidari, negli esordi teatrali, e infine, di dare fame eterna a chi le impreca – come Cambronne insegna. Capita poi, sempre in caso di guerra, che l’escremento diventi preda della propaganda, e venga agitato come un patriottico vessillo.
Accadde durante il primo, grande, conflitto mondiale.
I Francesi trovarono nell’intestino (e nel rene) lo stimolo per un attacco frontale e nauseabondo all’odiato nemico germanico.
Così scrisse il medico Berillon: “la quantità di materie fecali prodotte da un Tedesco è più che il doppio di quella di un Francese […]. A Liegi, dopo un soggiorno di 180 tedeschi prolungatosi per sei lunghi giorni nello stabile di Boulevard de la Sauvenière, al numero 112, i watercloset debordarono in modo tale che fu necessario demolirli completamente, per liberarli dall’intasamento. L’edificio intero era ingombro di materie fecali […]. Sei persone lavorarono senza sosta per una settimana, dedicandosi a questa spaventevole impresa igienica di pulizia”.
E Lenotre, nel suo libello Prussiens d’hier et de toujours, aggiunge: “il coefficiente urotossico è tra i Tedeschi almeno d’un quarto più elevato che tra i Francesi. Ciò comporta che, se necessitano 45 centimetri cubici di urina francese per uccidere un chilogrammo di sorci, basteranno solo 30 centimetri cubici d’urina tedesca, più tossica, per ottenere lo stesso risultato”.
Debbo queste preziose citazioni all’insostituibile Dictionnaire de la Bêtise.
[in copertina: John Travolta in Pulp Fiction, di Quentin Tarantino]