“Argo“
Amo tutti gli animali, indistintamente. Ma la mia vita è piena di cani; i nostri cani , giacché in tutti
questi anni li ho condivisi con il mio amatissimo fratello, amico e gentiluomo Vittorio: TOM,
“Perdonami TOM”; CHIP, “Bravissimo CHIPOLLINO sempre in pienissima forma”; RED, “Dolce
Principe della nostra vita”; SVEN, “carissimo monello, fortunatamente sei giovane e vivi e
naturalmente dormi con me”.
I cani, i nostri cani costituiscono una parte essenziale della mia vita spirituale.
Perché li ho amati e certamente in questo amore è la parte migliore di me, la più
innocente; ha ragione Schopenhauer quando ci dice che chi non ha mai avuto un cane non sa
cosa significhi essere amati. Ma è altrettanto vero che chi non ha mai amato un cane o un
qualsiasi altro animale non sa cosa significhi amare: da questo essere assolutamente semplice ,
assolutamente innocente non ci aspettiamo nulla, non chiediamo nulla se non di esistere, perché
la sua sola presenza ci fa essere sereni e felici; per lui è esattamente la stessa cosa, ma
enormemente amplificata e con una differenza fondamentale, gravida di conseguenze; noi siamo
distratti da altri amori, da altri impegni , da cose spesso inutili e dannose.
Per LUI noi siamo l’universo, una divinità alla quale fa costante riferimento; ciò implica una enorme responsabilità
morale nei confronti di queste creature. Dunque: perché mi hanno reso felice.
Perché hanno collaborato indirettamente ma intensamente alla mia attività creativa,
all’elaborazione dei miei pensieri. Con loro io condivido il silenzio, ma questo silenzio è carico
di contenuti, di sentimenti, di emozioni e tutto questo dà origine a una meravigliosa concentrazione
ed io sogno, immagino, penso.

TOM, CHIP e RED sono sepolti in un posto bellissimo: Casa Rosa , il primo cimitero per piccoli
animali in Italia e uno dei più antichi in Europa; in questo luogo hanno la loro ultima dimora terrena
non solo cani e naturalmente gatti, ma uccelli, conigli, criceti e ogni sorta di creature; potrei
sbagliarmi, ma forse vi è sepolto persino un cavallo. La cosa non è impossibile, giacché la
famiglia Molon che ha il merito di avere creato tanto tempo fa questo posto ha sempre
amato moltissimo i cavalli.
Mi sono chiesto perché questo posto, nonostante l’inevitabile malinconia sia per me così bello e sereno.
Diversamente il cimitero umano mi comunica un’inequivocabile angoscia ed ha qualcosa di inquietante .
Cerco di trovare le ragioni di queste diverse emozioni.
Gli animali non sono solo innocenti, sono sereni; questa serenità ce la comunicano quando
giocano, quando corrono lungo una spiaggia, quando sono addormentati, quando stanno per
delle ore a guardare fuori della finestra o al mattino prendono il sole sulla loro seggiolina
preferita. Questa serenità e questa innocenza restano sospese nell’aria di quel piccolo cimitero
e fanno si che benché triste sia per me così bello, così sereno.
Molto giustamente è stato detto che anche gli animali vanno in Paradiso; soprattutto gli animali vanno
in Paradiso. Posso sbagliare, ma questa è la mia sensazione: il dolore e il peccato sono diffusi nella vita
anche degli uomini migliori, anche degli uomini più felici e in qualche modo impregnano l’atmosfera del cimitero.
A questo riguardo il grandissimo Dino Buzzati ha osservato che il vero santuario delle persone
care perdute non è il cimitero, luogo che lui giudica orrendo e funesto, bensì le cose e i luoghi che
essi hanno amato e frequentato. Per me sono le vecchie foto che io amo moltissimo e la cui
essenza va ben oltre il ricordo per quanto bello e poi gli oggetti: un vecchio foulard di mamma,
le cravatte di mio fratello, i collari di TOM, di CHIP, di RED.

Gli animali hanno il paradiso incorporato, non dovranno faticare per raggiungere il cielo; per gli
uomini le cose stanno diversamente. Giacché proprio in virtù della loro intelligenza possono
elevarsi alle più alte vette dello spirito, ma anche precipitare nelle più spaventose forme di
abiezione, come ci dimostrano la storia e la vita di ogni giorno, molti di loro dovranno ripercorrere
con dolore e fatica il cammino terreno.
Questo mi sembra essere il significato più profondo racchiuso nel racconto di “Er”,
il soldato armeno tornato dalla morte, protagonista del mito platonico.
Serenità e innocenza si riflettono nella stessa forma degli animali; nell’estrema vecchiezza e nella
malattia noi siamo spesso irriconoscibili. Loro no, sono sempre belli, suscitano sempre tenerezza.
RED era così bello. Un tumore ce lo ha portato via all’età di soli nove anni; eppure benché
oltraggiato dal male e dal dolore il giorno prima di morire ha ricevuto le carezze e i complimenti
di un gruppo di persone. Analoga, identica esperienza ho vissuto con TOM e con CHIP. Serenità
e innocenza.

Eppure l’amore per gli animali, sentimento assolutamente nobile e puro è stato per secoli oggetto
di condanna; da parte della Chiesa che attraverso la conferenza episcopale in anni recenti ha
negato loro l’anima. Ma la Chiesa per secoli ha collocato la donna su un piano di spirituale
inferiorità rispetto all’uomo, talvolta ha considerato la donna stessa come un’incarnazione del
demonio, ha bruciato sul rogo centinaia di sventurate accusate di essere streghe, le ha bruciate;
ha bruciato sul rogo intellettuali e uomini di fede impegnati nella ricerca della verità e del vero
bene, li ha bruciati. La Chiesa si è assunta la responsabilità di uno dei più spaventosi genocidi nella
storia dell’umanità, la crociata contro gli albigesi che ha anticipato di secoli l’orrore del nazismo.
La Chiesa ha commesso crimini contro l’umanità. Non so adesso, ma ancora pochi anni fa credo
sopravvivesse il dogma del limbo, una mostruosità secondo la quale i non battezzati benché
innocenti non hanno il diritto di essere con Dio. Dunque la Chiesa come fonte di verità assoluta
su questo argomento come su molti altri non mi pare credibile. Peraltro in tutti i secoli nella Chiesa
hanno operato uomini e donne di altissima spiritualità e di sconfinata umanità; nella loro ricerca di
Dio sono stati vicini ai poveri, ai deboli, ai malati, agli sventurati, agli innocenti. Altresì hanno
incontrato, amato e difeso gli animali. Dice Leone, un compagno di strada di San Francesco:
“Si può essere amati da alcuni uomini, senza essere santi; anzi spesso, si amano i delinquenti;
ma non si è amati dagli animali, e a lungo, e da tutti, se non si è santi, amici di Dio”.
Mi viene in mente la commovente immagine medioevale di San Gerolamo che cura la zampa di un leone ferito
che è poi il suo fedele cane da guardia; ricordo ciò che ha detto il meno coreografico, ma non il
meno significativo fra i papi di questi ultimi decenni, Paolo VI :” Gli animali sono la parte più
piccola della creazione divina, ma noi un giorno la rivedremo nel mistero di Cristo”.
Il vero amore per gli animali non è mai sostitutivo, non si amano gli animali perché si odiano gli
uomini, come d’altra parte non è possibile amare l’umanità e odiare gli animali; l’amore puro è
universale, è destinato a tutte le creature senza distinzioni e gerarchie. Questo amore
ha guidato santi, intellettuali, scienziati, semplici uomini e donne buoni e generosi che con la loro
splendida vita hanno riscattato l’umanità dagli orrori e dai crimini di cui in tutti i secoli si é
resa responsabile.
In tutti questi anni ho conosciuto centinaia di cani e naturalmente centinaia
di persone che si sono dedicate e si dedicano con commovente abnegazione ai loro cani, ai loro
gatti, ai loro animali; sono persone buone, tanto più puro e intenso è il loro amore per gli animali
tanto più grande è la loro capacità di amare e sostenere i propri simili; molti di loro sono fra i miei
amici più cari, nei momenti difficili mi sono sempre stati vicini. Alcuni, giacché questo é quasi
inevitabile, la vita me li ha portati via. Penso a Franca, Luisa, Silvia, Rosella.

Ponzio Pilato procuratore della Giudea sotto Tiberio, che nel nome di Roma
mandò a morte Gesù è una delle figure letterarie più complesse e affascinanti create da Michail
Bulgakov nel Maestro e Margherita, il suo stupendo e bizzarro romanzo. Il Ponzio Pilato che ci
racconta Bulgakov non è evidentemente un uomo malvagio; piuttosto è inaridito e indurito dal suo
ruolo politico e sociale, dalla storia. Sono peraltro pochissimi gli uomini che riescono a opporre la
loro volontà e il loro spirito alla violenza degli eventi, preservare l’intimo nucleo del loro
amore in mezzo alla crudeltà del mondo. Il governatore della Palestina non ama o non crede di
amare nessuno; tutta la tenerezza che non ha mai potuto dedicare ad alcun essere umano la
riversa su un’unica creatura: BANGA, un gigantesco alano che nutre nei confronti del suo padrone
un amore quasi altrettanto esclusivo. Pilato è afflitto dall’emicrania, una patologia banale
dall’esterno ma atroce per chi ne soffre e che renderebbe rabbioso e crudele il migliore degli
uomini. Diverse cose tormentano la sua mente: il dover gestire una situazione politica e sociale
difficile e scabrosa e il peso delle responsabilità e delle scelte che ciò comporta, quella città,
Gerusalemme, che non ama, il palazzo in cui vive e che non ama, il profumo dolciastro e
nauseante delle rose… Lui è un soldato e questa vita da burocrate feroce gli é
odiosa.

Poi conducono alla sua presenza il prigioniero Gesù, il “filosofo pazzo”. L’interrogatorio
al quale viene sottoposto Gesù diventa un dialogo scabroso, durante il quale il prigioniero
libera Pilato dall’emicrania. Gesù invita amabilmente Pilato ad amare gli uomini, la “buona gente”
come lui la chiama, anche se buona non é. Dapprima Pilato reagisce rabbiosamente all’insolenza
di Gesù, ma gli è grato per la guarigione e lentamente comincia a subire il fascino di quello strano
uomo. Sappiamo che Pilato concesse al popolo di Gerusalemme la possibilità di scegliere chi
salvare fra i due prigionieri politici: Barabba o Gesù. Sappiamo che il popolo scelse Barabba.
Nel romanzo di Bulgakov il tarlo del rimorso per avere mandato a morte un uomo assolutamente
innocuo, anzi assolutamente buono penetra in Pilato, lo accompagna nell’eternità.
Il maestro e Margherita è fra le molte cose un romanzo mistico e Bulgakov si autodefinisce
uno scrittore mistico. La trama si sviluppa su due piani paralleli: la vicenda del maestro, uno
scrittore censurato e perseguitato dal regime sovietico nella Russia degli anni 30 e della sua
amante Margherita, e quella di Pilato, Gesù ed altri personaggi ad essi collegati,
che è poi il romanzo scritto dal Maestro. Nello splendido finale le due trame si fondono e il
groviglio di eventi taluni tragici e dolorosi, altri decisamente umoristici e grotteschi, altri ancora
soprannaturali si scioglie. In una dimensione di pace e di speranza tutti i personaggi vengono
liberati: liberati dal loro destino terreno, dal destino che la storia, la natura, Dio ha loro
assegnato. Fra tutti il cavaliere Ponzio Pilato, il “crudele quinto procuratore della Giudea” lungo
una strada soprannaturale che noi in qualche modo intuiamo conduca in cielo,
corre verso la libertà e verso una nuova amicizia. Non meno felice, al galoppo lo precede
BANGA.

Anche gli animali vanno in Paradiso. Soprattutto gli animali vanno in Paradiso.
Gli indiani d’ America sono forse il popolo più civile della terra; concepivano la caccia come una
leale competizione determinata dalla dolorosa necessità. Chiedevano perdono all’animale ucciso,
rendevano onore al suo coraggio, alla sua forza, alla sua bellezza, alla sua libertà. Sapevano che
il loro fratello sarebbe stato accolto in cielo da colui che con stupenda espressione chiamano il
Grande Spirito; lo testimonia la commovente leggenda indiana del Ponte dell’Arcobaleno , il
Paradiso destinato a tutti gli animali e a coloro che li hanno amati.
Al contrario che cos’è o che cos’era (spero) la corrida? Una volta qualcuno l’ha definita la
“dimensione del vertiginoso”. Intendeva con ciò esprimere l’estrema tensione del coraggio e
dell’intelligenza dell’uomo nel loro confronto con la natura bruta; evidentemente un’orrenda
sciocchezza. Benchè sia un bestione di straordinaria forza e possanza il toro nell’arena è
un povero animale indifeso, al pari del randagio caduto nell’agguato tesogli da una banda di
cialtroni. Il suo destino è stato accuratamente pianificato : lo hanno portato nell’arena per ucciderlo,
Dio solo sa il perché.
Sono in molti ad aiutare il torero nel suo lavoro di macelleria ; provocano l’animale, lo irritano,
lo ingannano, lo sfiancano e lo umiliano , lo dissanguano con le bandoleras,
alla fine dopo un estenuante rituale il torero lo uccide. La tortura e l’uccisione ritualizzata di
un animale indifeso, lo spettacolo offerto a una folla di sanguinari imbecilli. Nella Dialettica
dell’illuminismo Max Horkheimer e Theodor Wiesengrund Adorno osservano molto acutamente
che “di fronte alla ragione umana organizzata anche l’animale più forte è infinitamente debole”.

Esistono uomini che odiano i cani, li torturano e li uccidono. Sono esseri innominabili, meritano
di essere cancellati dal mondo e dal tempo; sfogano sui cani il desiderio di morte che alberga
nel loro inconscio; la legge li protegge, nel senso che non li punisce adeguatamente. Peraltro
in tutti questi anni abbiamo visto atroci assassini di bambini , di donne , di giovani circolare
liberamente dopo una breve pena. Per quanto possa sembrare incredibile qualcuno insegna.
Esistono uomini che disprezzano i cani, gli animali in genere e il nostro amore nei loro confronti.
Una volta ero con RED e incontrai un tale che era stato mio compagno alle medie; vedendomi
mi apostrofò con estrema durezza: “Ancora con i cani?!” Io gli risposi risolutamente, ma senza
scortesia: “Si, ancora con i cani!”. Si offese e mi ringhiò non ricordo cosa. Gli esseri umani sono
incredibili; possono ferirti, mettere in discussione il tuo stile di vita, ma se opponi una civile
resistenza alla loro arroganza, se ne risentono. Non dirò nulla di lui, solo che non è mai stato
molto intelligente. Naturalmente voleva dire che io perdo il mio tempo con i cani; gli esseri
umani mi hanno fatto perdere tempo: certe riunioni di lavoro, certe conferenze, certe serate inutili
con “amici” che amici non erano. Pensavo: perché mi trovo in questo posto, con queste persone,
perché sto dilapidando alcuni momenti irripetibili della mia breve esistenza terrena? Viceversa non
vi è stato un solo istante condiviso con i cani, in cui non sia stato essenzialmente felice o in cui
non abbia sentito di fare qualcosa di assolutamente buono.
Un altro una volta mi ha detto : “Tu ami i cani. Non ho mai capito il perché”. Un altro ancora mi ha
detto , a proposito di me e di SVEN : “Ma tu non puoi perdere tutta la tua vita appresso a un
cagnolino!”. Mi dispiace dover dire che questi due li conosco intimamente, sono persone colte
e civili e generalmente sono buoni con i loro simili; tuttavia disprezzano i cani, gli animali in genere
e il mio amore per essi. Ciò rimanda severamente ai limiti della loro umanità: l’ imperfetto sviluppo
della loro capacità di amare, una sorta di frigidità sentimentale, forse un piccolo grumo di intima
crudeltà sopravvissuto alla cultura e alla buona educazione. Peccato. Implacabilmente critici verso
tutti e verso tutto non lo sono verso se stessi; si domandano perché io ami i cani , ma perché non
si interrogano intorno al perché loro non li amano? Come molti uomini colti – e un uomo colto non
è necessariamente anche un uomo saggio – credono di avere raggiunto la perfezione. Quanti
uomini colti reputati saggi in Atene Socrate ha messo in grave imbarazzo, li ha posti di fronte ai
loro limiti e alla necessità di superarli. Socrate, Platone e altri come loro ci insegnano che per il
saggio la ricerca della perfezione non ha mai fine. Non si finisce mai di apprendere. La morte
stessa potrebbe essere l’estrema consapevolezza, la suprema rivelazione.
L’ innocenza e la serenità dei cani, di tutti gli animali ha molto da insegnare alle più acute menti
filosofiche. In una sua splendida poesia Borges comprende nel novero dei dodici giusti che
salveranno il mondo “chi accarezza un animale addormentato”. Ho sempre pensato che il
movimento dello spirito, la musica, l’arte, la letteratura, la filosofia tendano a raggiungere con
nobile fatica l’equilibrio e la serena bellezza che la natura senza sforzo è.
Luigi Voltaggio
