Il Poeta W. B. Yeats trascorse la sua la Luna di Miele coi Fantasmi.
Gli Spiriti, quattro giorni dopo le nozze – celebrate il 24 ottobre del 1917 –, si impossessarono di sua moglie Georgie Hyde-Lee e cominciarono da quel momento un ménage “a x” (dove la variabile x è esponenzialmente imprecisata), che doveva durare praticamente tutta la loro vita coniugale.
“Un pomeriggio”, racconta Yeats, “rimasi stupito nel vedere mia moglie che tentava la scrittura automatica. Ciò che veniva fuori in frasi staccate, in una scrittura quasi illeggibile, era così esaltante e profondo, che la convinsi a dedicare tutti i giorni una o due ore all’ignoto scrittore, e dopo una mezza dozzina di queste ore mi offersi di passare il resto della vita a spiegare e a mettere insieme quelle frasi sparse”.
Cosicché un ospite importuno che avesse visitato, da ignaro, la coppia di novelli sposini in quelle ore, ne avrebbe tratto il quadro d’una assai stravagante incomunicabilità coniugale. Il marito parlava e chiedeva spiegazioni, la moglie replicava per iscritto.
Georgie Hyde-Lee, per quasi un anno e mezzo, si adoperò per accontentare Yeats, ma la cosa, a lungo andare, l’annoiò e la spossò. All’inizio del 1919, mentre i coniugi riposavano dentro un vagone-letto, ella “cominciò a parlare nel sonno, e da quel momento quasi tutte le comunicazioni giunsero in quel modo”. Certo, era meno faticoso, per lei: ma il marito si trasformò in stenografo.
Durante quelle interminabili sedute, durate tre anni, il poeta, munito di penna e quaderno, ebbe in dono un sistema grandioso e complesso, che non riguardava solo l’Aldilà, ma il significato intimo e segreto di ogni Essere e d’ogni Esistenza.
Invito chiunque avesse la pazienza di affrontarlo, grado a grado, spirale per spirale, mistero per mistero, cono, diagramma o labirinto, a leggere il volume che W. B. trasse da questa esperienza incredibile: Una Visione, che ebbe due edizioni molto differenti tra loro, ma che conobbe la sua forma definitiva nel 1936 (e l’ultima pubblicazione nel 1937). Quest’opera ci introduce davvero in Universi formati, alimentati da “Altre Dimensioni”.
La più importante delle quali – il cardine, su cui ruotava la sua Visione del Mondo – è la Dimensione archetipa, che noi tutti condividiamo, in cui gioca un ruolo fondamentale l’Immaginazione. Secondo Zolla, che l’analizzò e la fece propria, la quintessenza del pensiero di Yeats (riassunta nel proclama d’un ordine segreto che circolò a Londra, in forma di volantino, nel 1902), era questa: “se formuliamo un’immagine con forza sufficiente, essa si attuerà nelle circostanze della vita, agendo sulle anime nostre o attraverso gli spiriti della natura”. Insomma l’Immaginazione è in qualche modo, sia pure misterioso, ma sempre, Reale. Come sostiene lo stesso Yeats in Rosa alchemica: “talché, se vi immaginate possentemente un cane al capezzale, esso monterebbe la guardia”.
Secondo lui, uomini e donne, mentre sono in vita, costruiscono il proprio destino da Defunti, immaginandolo. Proiettano cioè le proprie personali credenze fin nell’Aldilà: “Un uomo convinto che la morte sia la fine di tutto può vedere se stesso come un cadavere putrescente”, e apparire sotto questa forma, specialmente se il suo trapasso è stato violento”. Il poeta concorda poi con Cornelio Agrippa là dove il grande occultista cinquecentesco «parla di quei morti che si immaginano “circondati dalle fiamme e perseguitati dai demoni”». Non c’è dubbio che sono stati essi stessi, tramite la loro Immaginazione, a condannarsi all’Inferno.
Sintetizzando le sue convinzioni più profonde, Yeats scrisse: “credo nella magia, nell’evocazione degli spiriti, anche se non so che cosa sono, credo nel potere di creare a occhi chiusi magiche illusioni nella mente e credo che i margini della mente siano mobili, che le menti possano fluire l’una nell’altra, così creando o svelando una mente o energia unica, poiché le nostre memorie sono parti dell’unica memoria della Natura”. I pensieri che noi formuliamo nel chiuso della nostra dimensione individuale, secondo lui, potevano essere “liberati”, divenendo “proprietà generale” e patrimonio comune d’ogni coscienza.
A monte di queste concezioni ci sono sicuramente le esperienze fatte dal poeta, e da sua moglie, confluite poi nel libro Una Visione.
Non mi è possibile approfondire qui l’intero Sistema che compare in quel testo: un breve articolo non sarebbe sufficiente, e riassumerlo in poche righe non risulterebbe solo riduttivo, equivarrebbe a travisarlo. In certa misura, Una Visione è l’I Ching di Yeats, un rosario di perle oracolari concepite, a posteriori, per desumerne ogni destino umano, passato e futuro.
Costruire un senso, intravedere un filo rosso, una guida, nella ridda di labirintiche rivelazioni ricevute dalla moglie deve aver comportato, per W. B., uno sforzo immane. E ciò soprattutto perché molti tra gli Spiriti che si manifestavano promettendo loro rivelazioni ultime sulle Verità più segrete, commettevano errori, dovuti quasi sempre alla calca e all’affanno che li circondavano. “Noi non facciamo nulla singolarmente, ogni atto è compiuto da molti nello stesso istante”, ammise uno Spirito con Yeats. Altri tra loro non avevano poi remore o rimorsi a ingannare i due sposi.
Il poeta fu dunque costretto a distinguere, tra queste Entità di dettatori, i Buoni dai Cattivi.
I Buoni, che chiamava Spiriti “Istruttori”, si presentarono a lui in questo modo: “Noi siamo venuti a offrirti metafore per la Poesia”. Ma gli Spiriti Malvagi e Ingannatori, che chiamava “Frustratori”, erano sempre presenti accanto a loro, e si divertivano a insinuarsi nella dettatura. «I Frustratori cercavano di confonderci e di farci perdere tempo. Chi fossero questi Frustratori o perché agissero così non è stato mai spiegato in modo esauriente”. A causa loro, “la scrittura automatica scadeva di valore, diventava sentimentale o confusa, e quando facevo notare la cosa il mio istruttore diceva: “Da quest’ora a quest’altra, il tale o il tal altro giorno, tutto è Frustrazione”».
Chi, per celia o anche dissentendo, ha frequentato una seduta spiritica tra amici – o messo mano, anche da solo, alla tavola “Oui-Ja” –, conosce bene, ha già incontrato gli Spiriti cosiddetti Ingannatori. Sono Fluidi invisibili, fantasmi presunti e presuntuosi, simulatori disinformati, che si camuffano frodando la buona fede del curioso o di chi è in lutto. Quando si presentano come anime di Trapassati, difficilmente dialogano con quelli che li conoscono troppo bene. E se si fanno “vivi” con chi pensa di averli frequentati, approfittano vilmente delle emozioni, dello sconcerto che provocano: ed ecco allora che, per paura, per affetto, per riconoscenza, sarà loro perdonata qualsiasi stravaganza, persino che non ricordino il loro vero nome.
Quando possono, certi Spiriti – un numero elevato, in verità – usano i viventi per i loro scopi personali: per esempio, per capire chi sono, dove sono, se sono davvero morti o meno. Spesso per essere aiutati a raccogliere le loro conoscenze sfuse e scomposte in un unico Testo riferibile. Ammette Yeats in Una Visione: “Quelli che mi hanno insegnato questo sistema l’hanno fatto nel loro interesse, non nel mio”.
Questi Spiriti Impostori – pronti a arraffare l’aspetto, la memoria, la scrittura dei Defunti –, nella Fantaenciclopedia li ho chiamati: Ghirigòri.
A quanto pare nessuna forza spirituale può opporsi efficacemente a questi Ingannatori, che subentrano quando vogliono ai Fantasmi più volenterosi e decorosi. Solo durante una loro assenza momentanea si può rivelare ai mortali che quanto è stato loro comunicato è burla, o equivoco. Poiché chi è in ascolto è avido di apprendere, in quel momento è senza difese, e difficilmente si accorge delle trappole in cui è caduto: “senza dubbio un Frustratore approfittò della mia debolezza”, confessa W. B., “quando mi descrisse un modello geometrico dello stato dell’anima dopo la morte, dicendomi che lo si poteva far girare sul tornio”.
Tuttavia, lo stesso Yeats sembra sospettare che i Frustratori siano in qualche misura gli Hyde dei suoi buoni Jekyll, gli Spiriti Istruttori: e infatti uno di questi ultimi lo mise in guardia: “Ricordati che, se potremo, ti inganneremo”.
Il motivo è semplice: non è scopo dei Fantasmi, né obbligo, per loro, dire la Verità. “Gli Spiriti non dicono a un uomo ciò che è Vero, ma creano delle condizioni tali, una tale crisi del Fato, che l’uomo è costretto ad ascoltare il proprio Daimon”. Durante la nostra esistenza, tinteggiata così profondamente di Fantastico, il nostro Daimon interiore ci offre un canovaccio e noi lo recitiamo improvvisando come se fossimo Maschere della Commedia dell’Arte.
Ecco perché, in fondo, Yeats, che ha raccolto per anni le loro divagazioni e i loro strafalcioni, non si è mai sentito truffato o tradito dai suoi Spiriti. In Una Visione abbozza persino una loro condiscendente apologia; non la sviluppa, però, tutto teso com’è a registrare e a rendere coerente il mirabile Sistema che ha avuto in regalo dalle trance di sua moglie.
Di questa donna meravigliosa e paziente, che l’ispirò, leggendo il libro non apprendiamo quasi nulla: il poeta ce la presenta all’inizio ma si scorda persino di dircene il nome – o forse, resta il dubbio, è lei che l’ha pregato di non farlo. Eppure Georgie Hyde-Lee, la sposa perturbata in piena luna di miele, è il personaggio “umano” più interessante in questa storia di Fantasmi.
[in copertina: John Butler Yeats, A Haunted Chamber]