Dal 10 luglio al 21 luglio del 1925, a Dayton, negli Stati Uniti, fu celebrato un processo che divise l’opinione pubblica di tutto il Paese e che passò alla storia come il “Processo alla Scimmia”, o “Processo Scopes” – dal nome dell’imputato. Nell’aula surriscaldata di questa piccola città del Tennessee si fronteggiarono due avvocati, veri colossi dei fori giudiziari, paladini di due opposte visioni del mondo: William Jennings Bryan, protestante integralista, rispettoso del dettato “letterale” della Bibbia, e Clarence Darrow, liberale, scettico, “modernista”, che difese Scopes dall’accusa di aver insegnato ai suoi studenti la teoria dell’Evoluzione delle Specie. Grazie a questi acerrimi antagonisti, il processo si trasformò presto, era inevitabile, in un processo a Darwin e alle sue “Scimmie”, nostre antenate. E specularmente diventò anche un Processo alla Bibbia, che fu effettivamente sfogliata in aula. E non si può processare la Bibbia senza giudicare il suo Autore: Iddio.
III- Il grande coup de théâtre del “Processo della Scimmia-Scopes” avvenne il settimo giorno di udienze, quando Clarence Darrow, vistisi respinti dal giudice John T. Raulston tutti gli scienziati che intendeva interrogare (biologi, geologi, cattedratici dell’Est) chiamò sul banco come teste “a favore della difesa” proprio il suo acerrimo rivale, William Jennings Bryan, in quanto “esperto della Bibbia”. Bryan reagì con stupore, perché il fatto, pare, non avesse precedenti: e la Legge, negli Stati Uniti, la si fa in aula, non con le regole scritte o le scartoffie. Poi accettò, riservandosi però la possibilità di controinterrogare Darrow dal banco dei testimoni. La stampa, ovviamente, andò in sollucchero.
Lo scontro tra i due colossi, l’agnostico, e il creazionista, durò due ore, e nonostante il caldo estivo incandescente, che opprimeva giurati e contendenti, fu infuocato, esattamente come se lo aspettava l’opinione pubblica.
Darrow provò a dimostrare, con le sue domande, che tutti i passaggi della Sacra Scrittura in cui si danno per scontate le conoscenze scientifiche del tempo, erano irragionevoli e contraddetti dalla pratica, dall’osservazione e dagli esperimenti sul campo. Tutte le leggi accertate della fisica, nella Bibbia traballavano, e i miracoli prendevano il posto del corso naturale degli eventi. Il comune “Buonsenso” usciva assai malconcio, dall’analisi di Genesi. Chiese a Bryan: “dove aveva trovato Caino sua moglie, visto che c’erano solo tre persone sulla Terra, e le altre due erano il padre e la madre, Adamo e Eva”? Il biblista ribatté con sarcasmo “che Caino aveva lasciato ai miscredenti il compito di andare a cercargli una moglie al posto suo”. Quando poi Clarence lo interrogò su come fosse possibile che un serpente, un animale evidentemente “inferiore”, avesse parlato a Eva, inducendola in tentazione, si ribellò: “la Sacra Scrittura va citata integralmente, non parafrasata!” Quindi si scagliò contro l’antagonista, perché, protestò, il suo scopo nel processo non era quello di far riconoscere l’innocenza dell’imputato Scopes, ma “di gettare il discredito e il ridicolo su chiunque abbia fede nella Bibbia!”.
La parte avversa, il “modernista” Darrow, sibilò di rimando che “il suo solo proposito era d’impedire che i bigotti e gli ignoranti come Bryan controllassero l’Educazione, negli Stati Uniti”.
Il batti e ribatti, le frecciate veementi e rabbiose, lo scambio reciproco d’accuse, rischiavano di degenerare, allora Raulston fece risuonare tre, quattro volte il martelletto, sciolse l’udienza e l’aggiornò all’indomani.
Però, quando tutti i protagonisti tornarono in aula, il giudice ordinò che quello che era avvenuto il giorno precedente venisse stralciato dai verbali. Bryan, che aveva preparato nella notte il suo succoso controinterrogatorio, fu costernato da questa decisione.
Anche Darrow reagì con furia. Quando venne il momento dell’arringa, rinunciò. Il che, secondo la legge del Tennessee, precludeva anche all’accusa qualsiasi forma, ragionata, di riepilogo dei capi d’imputazione. Nessuno dei contendenti diede un saggio finale di oratoria, a beneficio del pubblico e della stampa. Bryan aveva preparato un discorso, che a suo parere avrebbe fatto epoca. Dovette, invece, restare in silenzio. Subì anche questo contraccolpo.
I giurati si riunirono e in soli otto minuti decisero che Scopes era colpevole di aver insegnato principi “contrari alla dottrina della Divina Creazione”. E Raulston immediatamente condannò l’imputato, non alla galera, ma al pagamento di 100 dollari. Sembra una ammenda da poco: in realtà corrispondono a 1500 dollari di adesso; troppi per un modesto coach di provincia. Generosamente Bryan si offrì di donare la somma necessaria a Scopes. Darrow e il suo staff insorsero e glielo impedirono.
William Jennings Bryan morì improvvisamente solo cinque giorni dopo la sentenza. Probabilmente minò la sua salute la prostrazione di non essere riuscito a utilizzare fino in fondo la ribalta del processo a sostegno della sua campagna per l’infallibilità “totale” della Bibbia.
Un anno e mezzo dopo, sempre in Tennessee, la Corte d’Appello dichiarò decadute le ragioni dell’imputazione di Scopes, ma non lo scagionò. Fu una vittoria, quindi, molto parziale, che non servì affatto alla causa umanitaria dell’American Civil Liberties Union. Anzi, nel frattempo, i fondamentalisti, fomentati dai predicatori, scatenarono una crociata nazionale perché lo spirito del “Butler Act” venisse esteso anche alle loro contrade. Il ripudio dell’Evoluzionismo diventò legge in altri 13 Stati dell’Unione, e non solo al Sud. Molte di queste leggi restarono in vigore fino al 1965.
IV- Esistono più teorie “scientifiche” dell’Evoluzione Animale o Evoluzione della Specie, e la varietà è tale, che i teologi cristiani ne fanno un punto di forza per confutarle: la Bibbia è una sola, mentre il darwinismo è un’eresia con infinite declinazioni, anche contrastanti. L’obbiezione è inconsistente. Nell’educazione scientifica, oltre che le certezze, credo debbano essere indicati sempre i problemi e i nodi ancora irrisolti. Però va anche detto che alcune di queste teorie contengono delle vere e proprie aberrazioni. Il medico statunitense Francis Graham Crookshank – lo ricorda Martin Gardner –, sostenne per esempio che l’uomo di razza bianca discende dallo scimpanzé, il nero dal gorilla, e l’orientale dall’orangutan. Non ci piacerebbe scoprire che queste tesi razziste e idiote vengono insegnate in qualche Paese, e poste su un piano paritario con gli studi decennali di Darwin, o di chi ha proseguito seriamente nel suo solco.
Anche i popoli meno “progrediti” hanno qualcosa da dire in questo campo. Vale la pena ascoltare le loro tradizioni. I cosiddetti “Primitivi”, in linea di massima, non credono all’Evoluzione (al massimo, alla Parentela tra Uomini e Bestie), però anche tra loro vanno registrate numerose eccezioni.
Secondo una leggenda dei nativi d’America riportata da Montaigne, l’Uomo precede il primate, ma, a causa di una catastrofe, gli esseri umani furono mutati in scimmie. Solo dopo un periodo di tenebre spesse, durato venticinque anni, apparvero, in mezzo a quelle scimmie, i primi uomini: due, un Adamo, un’Eva americani, che divennero i progenitori del loro popolo.
Evoluzionisti ancora più coerenti erano (o sono) gli Indiani della California: essi credono fermamente che l’Uomo discenda dal Coyote, e che i coyotes originali non si siano trasformati magicamente, bensì “dapprima camminavano a quattro zampe; poi cominciarono ad avere qualche membro del corpo umano: un dito, un occhio, ecc.; poi due dita, due occhi, ecc; e così via finché divennero completamente esseri umani. La perdita della coda, che tuttora deplorano, “fu causata dall’abitudine di sedere ritti”.
Forse i californiani avrebbero influenzato l’evoluzionismo (probabilmente in senso lamarckiano), se le loro idee fossero giunte fino all’epoca di Darwin.
[in copertina: Scimmia che legge con gli occhiali (particolare di un affresco della bottega di Luca Signorelli)]