Dal 10 luglio al 21 luglio del 1925, negli Stati Uniti, e precisamente nelle aule di Dayton, Tennessee, fu celebrato un processo che divise l’opinione pubblica di tutto il Paese e che passò alla storia come il “Processo alla Scimmia”.
Il “Butler Act”, una legge di quello Stato approvata appena quattro mesi prima, proibiva l’insegnamento nelle scuole pubbliche di “qualsiasi teoria tesa a negare la dottrina della Divina Creazione dell’uomo, com’è tramandata nella Bibbia, e che sostenga che l’uomo discende da animali di ordine inferiore“. L’Evoluzionismo di Darwin non è citato apertamente, ma di quello si tratta.
Per sollevare il caso, e cercare di abolire questa norma assurda e incostituzionale, l’American Civil Liberties Union, un’associazione che si batteva per i diritti civili e il rispetto delle libertà individuali, convinse l’insegnante John T. Scopes a autodenunciarsi. Scopes si consegnò alla giustizia, perché, confessò, aveva spesso commentato le tesi di Darwin con i suoi allievi. Un procedimento penale contro di lui fu immediatamente avviato.
Era un pretesto, naturalmente, e lo dimostra il fatto che Scopes non fosse un professore di storia, zoologia o biologia, ma che nella sua scuola media ricoprisse solo l’incarico di allenatore di football. In più, obbligò praticamente i suoi studenti più giovani a testimoniare contro di lui.
La pubblicità che ottenne fu comunque enorme, e le radio e la stampa di tutti gli Stati dell’Unione coprirono l’avvenimento con i loro inviati migliori. Per giorni, gli articoli telegrafati dal Tennesse monopolizzarono le prime pagine dei giornali.
Il processo toccava argomenti ancora sensibili e poco dibattuti, a quell’epoca, nelle comunità protestanti e puritane d’America. Ma poiché, di fatto, riguardava le Grandi Idee, più che le persone, fu ovvio per tutti che davanti al giudice locale non dovessero fronteggiarsi avvocaticchi di Dayton e procuratori distrettuali di provincia, ma rinomati legali, colossi dei fori giudiziari delle città più importanti.
La scelta, sollecitata e favorita dalla stampa nazionale, cadde su due paladini d’opposta visione del mondo: William Jennings Bryan, più volte candidato alla Casa Bianca, fondamentalista, integralista rispettoso del dettato “letterale” della Bibbia, e Clarence Darrow, liberale, scettico, “modernista”, in rappresentanza di Scopes e dell’ACLU.
Le loro schermaglie in aula, le loro “obbiezioni” e “controbbiezioni”, i loro battibecchi, divennero subito leggendari e famosi. Se ne trassero drammi e film; cito, tra tutti, Inherit the Wind – diventato da noi, chissà perché, … E l’Uomo creò Satana –, diretto da Stanley Kramer nel 1960, con due mostri sacri a fronteggiarsi: Spencer Tracy-Darrow e Fredric March-Bryan. Ma le sceneggiature e i copioni non hanno mai rispettato quello che accadde veramente durante le udienze o fuori, nella città bigotta, e quindi non fanno testo.
Quel che è certo, è ciò che era in gioco. Il processo a Scopes si trasformò presto, era inevitabile, in un processo a Darwin e alle sue “Scimmie”, nostre antenate. E specularmente, nonostante i tentativi del giudice di concentrare tutto il dibattimento sulle responsabilità individuali, diventò anche un Processo alla Bibbia, che fu effettivamente sfogliata in aula. E non si può processare la Bibbia senza giudicare il suo Autore: Iddio.
II- Per centinaia d’anni uomini e donne hanno ciecamente creduto a testi sacri come la Torah o il Vecchio Testamento anche dal punto di vista “scientifico”, perché ritenevano che, contraddicendo le Leggi fisiche lì esposte, ne avrebbero invalidato anche i contenuti “religiosi”. Così che la Terra era ferma in mezzo al cielo ed era il fulcro dell’Universo, e intorno a lei tutto girava (invenzione che però fu certificata da un pagano, lo scienziato Claudio Tolomeo). Dubitare che Giosuè avesse chiesto al Signore di fermare il sole per proseguire alla luce del giorno le sue carneficine, equivaleva per i Credenti spianarsi la strada per precipitare giù all’Inferno, o come minimo precludersi la possibilità di raggiungere, dopo morti, i propri cari, gli avi o i famigliari più “virtuosi”.
Però, dalla rivoluzione illuminista in poi, i teologi cristiani dimostrarono una discreta duttilità e una sottile astuzia nell’impadronirsi delle conquiste invadenti delle Scienze, e (quando ci riuscivano) le piegarono volentieri a loro favore, svincolando l’interpretazione di certi passi “nevralgici” della Bibbia dal loro significato letterale e insistendo soprattutto sul loro valore metaforico. I sei giorni destinati alla Creazione diventarono così o simbolici, o di durata infinita, a seconda delle circostanze.
Le autorità religiose e gli intellettuali cristiani “illuminati”– che si rifiutavano di riconoscere a qualsiasi teoria non-creazionista la dignità di Scienza – , poterono così accogliere con un benevolo e paterno sorriso tutte le obbiezioni tese, per esempio, a sovvertire la cronologia biblica.
L’argomento – sollevato dalla difesa anche durante il processo a Scopes – che i Fossili dimostravano d’essere più antichi di qualsiasi data fissata dalla Bibbia, non li scalfiva minimamente.
Già Leonardo da Vinci aveva affermato che i Fossili dovevano preesistere al Diluvio, perché non era possibile che certe specie di molluschi, in soli 40 giorni di mareggiate – anche colossali –, avessero percorso decine di migliaia di chilometri, fino a depositarsi sulle vette più alte della Terra. Ma per lui e per gli scienziati che dopo di lui avevano avallato la stessa tesi il cattolico Renée Chateaubriand aveva in serbo un argomento micidiale.
Non c’è affatto bisogno, secondo il Génie du Christianisme (pubblicato nel 1802), di ricorrere alle cateratte di Noè, per difendere la Scrittura Sacra dagli attacchi della Geologia e della Paleontologia. I resti pietrificati di Animali (comprese le ossa dei dinosauri) non hanno nulla di blasfemo. Questa pretesa obbiezione o “difficoltà”, sostiene Chateaubriand, “è stata cento volte risolta dalla presente risposta: Dio ha dovuto creare e ha senza dubbio creato il mondo con tutti segni della vecchiezza” che noi adesso vi troviamo. Nessuno si stupisce che Adamo non sia stato creato bambino, ma già adulto, e allora perché scandalizzarsi se il Signore ha creato anche la Terra in là con gli anni, e un po’ fossile? Qualsiasi “giardiniere”, opina Chateaubriand, avrebbe dilettato il proprio gusto estetico piantando foreste d’alberi rigogliosi e d’antico aspetto accanto ai più teneri virgulti; e proprio in questo modo si è comportato il Padreterno con la sua Opera maggiore: animando e variegando la sua Creazione con un felice miscuglio di Vecchio e Nuovo, di maturo e di acerbo, decrepito e neonato. Vivo, e morto.
Si schierò sulla stessa posizione anche Philip Henry Gosse, l’autore d’Omphalos – un saggio che in superficie intendeva porre la parola “fine” sulla secolare questione se Adamo avesse, o no, un Ombelico. Lo studioso era sicuro di sì. In questo libro (che fu compreso da un solo lettore, sia pure d’eccezione – Jorge Luis Borges) Gosse affermò che il Signore si era premurato d’inventare “un passato” per Adamo, Eva e il Mondo, anche se questo Tempo addietro, in verità, non era mai trascorso. E che quei reperti geologici sui quali inciampiamo e che ci sembrano anacronistici, in realtà sono pro-cronismi, ossia indizi che Dio ha seminato appositamente, in previsione di ciò che Lui stesso voleva riscontrassero gli Uomini Futuri: e quindi anche, in un certo senso, “anticipazioni” tese a soddisfare qualsiasi, futura, Teoria dell’Evoluzione delle Specie.
La Terra dunque per volere del suo Artefice nasconde la propria giovane Età. Anche i Fossili, all’apparenza milionari d’anni, rientrano in un disegno misterioso, e provvidenziale, di Dio – un piano che esposto in questo modo sembra, sempre più, quello di “sorprendere” le sue Creature. Anche Iddio, insomma, andrebbe considerato un Autore Fantastico.
[CONTINUA DOMANI]
[in copertina: Gabriel Cornelius von Max: Le Scimmie che giudicano l’Arte (1889)]