I- Le preghiere mortifere dei Santi
Segno distintivo del santo, quando è padre, o della santa, quando è madre, è anche quello di pregare ardentemente affinché i figli, nel fiore dell’età, muoiano.
Rita da Cascia (1381-1447), assicurano gli agiografi, andò in sposa a un uomo violento e rissoso, che fu ucciso in un agguato dai suoi nemici. I due figli nati a Rita da quel matrimonio giurarono di vendicare il padre.
Inutilmente la Santa li implorò di perdonare gli assassini: non riuscì a distoglierli dal proposito sanguinario. Quando Rita fu certa che essi macchinavano un delitto, per preservare l’anima loro dall’Inferno, pregò il Signore che li chiamasse a sé.
I due ragazzi morirono giusto in tempo, con grande sollievo della madre. Secondo la Bibliotheca Sanctorum, erano ancora adolescenti, quasi bambini.
Racconta poi Montaigne che sant’Ilario, vescovo di Poitiers, mentre era in Siria, seppe che Abra, sua unica figlia, richiesta in matrimonio, stava per andare in sposa; allora, benché il partito fosse ottimo, le scrisse che ne aveva in serbo, per lei, uno migliore – intendendo lo sposo celeste – e quindi, essendo il suo disegno di “farle perdere il gusto e l’abitudine ai piaceri del mondo, per unirla tutta a Dio”, e “sembrandogli che il mezzo più veloce e più sicuro per raggiungere questo scopo fosse la morte di sua figlia, non cessò con voti, preghiere e orazioni, di chiedere a Dio di toglierla da questo mondo e chiamarla a sé, come avvenne; infatti poco dopo il suo ritorno essa gli morì, ed egli ne mostrò una gioia straordinaria”.
II- Sacrifici Umani
Secondo Plutarco i Cartaginesi sacrificavano i propri figli “in piena e lucida coscienza, e chi non ne aveva comprava bambini dai poveri e li scannava come se fossero agnelli od uccellini, in presenza della madre stessa, che non mandava un gemito o una lacrima, e ciò perché, se avesse pianto, non avrebbe avuto il compenso e il bambino sarebbe stato ucciso ugualmente; e affinché non si udissero le grida dello sventurato, tutto lo spazio davanti alla statua, dove si svolgeva il rito, rimbombava del suono di tamburi e di flauti”.
Zolla però asserisce che i sacrifici umani di Cartagine, in specie quelli praticati sugli infanti, esaudissero il desiderio dei nobili di quel popolo di inviare, come messaggeri, delle pure creature nell’Aldilà.
E che forse il loro atroce idolo e dio, il Molock – che sembrava esigere questi tributi di sangue innocente –, altro non era che la Guida, l’Inviato (tale sarebbe il significato del termine fenicio molk) che doveva accompagnarli. Per questo, prima che il rito si involgarisse e si aprisse alla prole dei plebei, inizialmente i prescelti ai sacrifici erano i figli dei più importanti dignitari. Essi venivano tramutati, prima d’essere scannati, in “Re Celesti”, e i sacerdoti “per operare la trasmutazione imponevano alle faccine la maschera di un demone ghignante; il rogo consumava la metamorfosi”.
III- La Pioggia in Elemosina
In certe tribù africane, riferisce Frazer, durante le siccità più perverse e durature, è costume che si cerchi d’ottenere la pioggia, commuovendo il cielo. Per questo si ricorre allo spettacolo pietoso dei bambini.
“Nello Zululand le donne seppelliscono talvolta sino al collo i loro bambini nel terreno e poi ritiratesi a distanza innalzano per lungo tempo un lugubre lamento; e si suppone che il cielo a quella vista si scioglierà in pianto dalla pietà”: perché il cielo, piovendo, in realtà “lacrima”. Anche i bimbi interrati, naturalmente, piangono, e le lacrime, secondo questo, ma anche secondo altri popoli, inducono per simpatia l’arrivo della pioggia, e, scongiurando la siccità, irrigogliscono i campi.
IV- Noleggi
Riporta il Journal des Voyages, in una corrispondenza del 23 dicembre 1900, che nell’isola di Ceylon i cacciatori di coccodrilli inglesi venivano avvicinati dagli indigeni che offrivano loro, come esche per le trappole, i propri figlioletti. Un testimone dice d’aver visto un piccolo indigeno condotto dai genitori su una riva dove erano state rilevate le tracce d’un colossale coccodrillo. “Marché conclu!”: il bimbetto viene noleggiato, in denaro contante, dai cacciatori.
A sera, lo si lega a un solido bambù, cresciuto lungo il fiume. La preda “ha paura, piange. Il coccodrillo, adescato da questa vocina che gli assicura un facile pasto, si issa sull’argine. Il cacciatore, nascosto nella macchia, lo prende di mira, lo uccide, oppure lo manca. In quest’ultimo caso, il povero piccino rischia di servire da pranzo al vorace animale”. I genitori però si consolano presto, perché hanno un buon numero d’altri pargoli da noleggiare ai turisti privi di scrupoli.
Alcuni mesi dopo, un numero della stessa rivista descriveva l’isola di Ceylon come un “paradiso in terra”.