“La voce delle Stelle: 6th Dubbing Glamour Festival”, da “ilciottasilvestri”.blogspot.com [si pubblica per gentile concessione di Roberto Silvestri]
Dubbing Glamour Festival
Consiglio ai genovesi (e dintorni) appassionati di teatro, di cinema, di televisione e di web, di seguire nelle prossime edizioni questo festival (più progetto sull’audiovisivo, più alto corso di formazione). Sia perché è ‘anomalo’, proprio come uno degli ultimi festival di ricerca sopravvissuti in Italia, il Flight che si svolge sempre di Genova. Poi perché si svolge nel palazzo Ducale. Inoltre perché vi si imparano molte cose sulla storia e sulle tecniche del cinema e delle arti performative; sui rapporti tra letteratura e cinema; sulla traduzione in italiano di un film, di un telefilm, di una serie tv o web, di un audio-libro; sulla recitazione; sull’adattamento ai dialoghi; sul doppiaggio.
E perché non mancano spazi teorico-filosofici, come l’incontro (tra intervista e match di boxe) tra lo scrittore, giornalista ed ex alto funzionario Rai Franco Porcarelli e Doriano Fasoli, autore della trilogia Derive, Finestre sulla memoria e Alla curva della vita sulla phoné, la voce corpo, da Fabrizio De André alla macchina attoriale e politimbrica di Carmelo Bene, quasi perturbanti cantici delle sirene.
Infine: per i giovani concorrenti è una formidabile occasione di lavoro.
Infatti, a differenza di altre manifestazioni-vetrina che omaggiano per lo più star e maestri già affermati, qui sono i talenti in erba i veri e unici protagonisti. Si esibiscono nella lettura obbligatoria di un testo (quest’anno di Katsuo Ishiguro), nella recitazione, nel doppiaggio all’impronta, fino a confrontarsi nella finalissima a dieci.
E si contendono premi in denaro e in scritture, in borse di studio o in contratti di doppiaggio, duellando con l’aiuto di esperti che svelano segreti preziosi dell’arte cinematografica, davanti a giurie composte da chi ha il piacere e il dovere professionale di scoprire talenti performativi, voci che bucano l’occhio l’orecchio e la bocca e di coniugare “la creatività con le esigenze di mercato”: dirigenti della Warner Bros, aziende leader nella post-produzione come, quest’anno, Laser Digital Film, cooperative di doppiaggio (Pumaisdue), funzionari di network televisivi, scrittori, giornalisti, critici cinematografici, il Dipartimento di Lingue e culture moderne e il Museo dell’attore di Genova…
Quest’anno per esempio hanno maneggiato master class “operative” giganti del settore come il fotografo, direttore di doppiaggio e dialoghista Gianni G. Galassi, specializzato nel cinema d’autore (da Truffaut ad Almodovar, da Rohmer a Mike Leigh da Egoyan a Loach, da Kaurismaki a Jarmush) e il dialoghista-adattatore Marco Bardella un decano nel trattamento di opere dalla particolare qualità e complessità transculturale (Vivere di Zhang Yimou e Battaglia nel cielo di Reygadas, tra gli altri). Mentre Laura Colombino, professore ordinario e vice preside del dipartimento di lingue e culture moderne di Genova, a proposito sensibilità transculturale, ha analizzato a fondo uno scrittore come Kazuo Ishiguro, britannico di origine giapponese e Nobel per la letteratura del 2017, che è stato trasposto sul piccolo e sul grande schermo 14 volte, per esempio in Quel che resta del giorno (Ivory), Non lasciarmi (Romanek), la miniserie Never Let me go e il film tv An Artist of the Floating World. E siamo in attesa del film di Guillermo del Toro tratto da Il gigante sepolto. Cosa e come può oggettivarsi, diventare immagine dinamica, ‘neorealismo interiore’ come lo chiamava Antonioni, una scrittura complessa, intima, psicanaliticamente scorretta e poco incline all’azione e alla raffigurazione semplice come quella di Ishiguro?
I talenti di domani premiati quest’anno sono Valter Sarzi Sartori, Elisa Proietti, Ginevra Umi Salusti, Elena Cavalli, Samuel Cannoni, e Alessandro Sitzìa e Catia Leoncini (dialoghisti).
Intervista a Pino Colizzi
Ma è stata la “leggenda vivente” Pino Colizzi. l’ospite d’onore (anche se assente per motivi di salute) del 6° Dubbing Glamour Festival di Genova (22 luglio-15 settembre), ideato e diretto da Daniela Capurro, e dedicato quest’anno in memoria a Massimiliano Fasoli, l’ex direttore del pionieristico canale satellitare independente Cult Network, dinamo insostituibile, per idee ed energia, delle ultime edizioni del Dubbing e che ci ha lasciati poco prima del festival.
Un premio alla carriera è stato assegnato alla figlia Chiara Colizzi (cioè Le onde del destino, Titanic e Kill Bill, ovvero la voce italiana (tra le altre) di Nicole Kidman, Kate Winslet e Uma Thurman) che sta continuando la tradizione artistica di famiglia.
Pino Colizzi è un attore teatrale, radiofonico, cinematografico e televisivo. Allievo sulla scena di Visconti, Zeffirelli, Patroni Griffi e Ronconi. Prima ancora il compagno indisciplinato di Carmelo Bene all’Accademia d’Arte drammatica (da cui entrambi evasero).
Ma soprattutto è stato un doppiatore e direttore di doppiaggio, adattatore e dialoghista per il cinema e la televisione storica. Adesso è uno scrittore a tutto tondo, dopo aver curato traduzioni dei sonetti di Shakespeare e delle liriche di John Donne, il poeta metafisico inglese del XVII secolo.
Colizzi ha attraversato, dal 1960 ad oggi, dall’Avventura fino a Matrix e Pulp Fiction, passando per Superman, Lo squalo, Incontri ravvicinati del terzo tipo, Mr, Klein, I compari, Mars Attack, Attrazione fatale, L’onore dei Prizzi, Il Padrino I e II, Amleto, Edipo re… la storia del grande cinema moderno e postmoderno; del divismo (e non solo delle star più studiate e frequentate, come Jack Nicholson, Michael Douglas, Warren Beatty, Alain Delon, Richard Dreyfuss, Christopher Plummer, Christopher Reeves, Robert De Niro, James Caan e Clint Eastwood. Non c’è attore di prima fascia che Colizzi abbia ignorato), e di Cinecittà, nel suo ultimo momento di gloria, fino al 1975, quello delle storiche cooperative romane di doppiaggio Cdc, Cid e Gruppo dei Trenta…
Avremmo voluto farci raccontare “live” da Colizzi anche la sua esperienza con Clint Eastwood, che ha doppiato in tre film chiave della sua carriera, da di attore-divo a regista-produttore: Kelly’s Heroes di Brian Hutton (in Italia I guerrieri), che sarà uno degli ultimi lavori da attore per il mercato internazionale; Brivido nella notte, l’esordio alla regia, e la spy-story sui ghiacciai Assassinio sull’Eiger (sarà poi Michele Kalamera, dal 1966 fino a Cry Macho la voce italiana di Clint in quasi 30 film). Lo abbiamo però intervistato per il Dubbing, ricevendo le sue risposte scritte.
Il doppiaggio non è l’imitazione vocale e labiale di dialoghi tradotti (basterebbero i sottotitoli). E’ un’operazione critica, di interpretazione fedele e profonda e di chiarificazione di un testo complesso. In un’intervista ha usato un’immagine apparentemente umile ma folgorante: doppiare è come essere cera: riuscire a far brillare il volto, i gesti e soprattutto gli occhi di un attore. Più della la bocca.
I sottotitoli consentono di ascoltare le voci originali, e sono molto spesso da preferire al doppiaggio. “L’operazione critica di una interpretazione profonda e chiarificazione di un testo complesso” dev’essere dedicata infatti solo a opere che lo meritano.
Quanto all’esempio della “cera”, vi ricorsi per chiarire che un doppiatore non modifica la propria voce, ma la adagia come cera sul volto dell’artista che doppia, coniugandosi con lui. Il resto viene da sé (secondo qualità)
La vostra generazione, rispetto ai maestri classici (De Angelis, Cigoli, Cervi, Stoppa, Morelli, Simoneschi, Lattanzi, Rinaldi, Locchi, per fare qualche nome), come si è differenziata? Parlo di Cucciolla, Pandolfi e Amendola, dei doppiatori “moderni”. La new Hollywood, e prima ancora Dean, Brando e Clift, e da noi Clementi (che hai doppiato nel Gattopardo), Bene (in Edipo Re) o Malcolm McDowell (La morte avrà i suoi occhi), mettevano in discussione la voce bella, scolpita, profonda, retorica…penso all’Amleto di Gino Cervi, con una maggiore apertura alla soggettività anormale….
Nessuno di noi ha mai contestato le voci dei nostri Sommi, le abbiamo molto amate, erano le voci della nostra infanzia, e abbiamo anche provato a imitarle, ma i risalutati erano penosi: non si imita il fascino, con tutti i suoi difetti. Rinunciando all’imitazione facemmo ricorso, con tacito mutuo accordo, non a una recitazione
più moderna, ma al cosiddetto “parlato” privo di difetti…e di fascino. Nacquero le società concorrenti della storica CDC (Ad, Ars, Sas, Cid), composte da buoni attori e questo nuovo modo di doppiare, “il parlato”, sostituì lo stile tradizionale.
A proposito di imitazioni d’epoca però, vale la pena ricordare come Carmelo Bene, affidando la sua genialità all’imitazione delle osannate sapienti nasalità di Vittorio Gassman, da lui poi aspramente contestato, raggiunse il risultato che desiderava..
Cosa non ti piace dell’attore e del doppiatore di oggi, dei vostri allievi? Le cooperative sono ancora “come le squadre di calcio che fanno campagna acquisti per formare squadre perfette”?
Non amo i compiacimenti per la propria voce (talvolta sott’olio) e la presunzione di chi assume gli atteggiamenti dell’attore che doppia.
Le cooperative non fanno campagne acquisti, si servono di chi funziona e non fa perdere tempo.
Il direttore di doppiaggio è come un pianista dotato di orecchio assoluto e orchestra un archivio sonoro gigantesco. Un tempo era scelto dai doppiatori in assemblea, si trattava di una questione di merito e di democrazia. Di dire: tu sei il migliore. Oggi sembra piuttosto meritocrazia, questione di potere assoluto. Ci si autonomina direttore di doppiaggio se si ha il potere con i committenti?
Nella domanda c’è già una risposta precisa, e niente affatto edificante
Come è finita la controversia legale con la Fox Italia a proposito della Pantera rosa con Steve Martin che i distributori volevano a tutti i costi volgarizzare e trasformare in film-panettone? Artisticamente hai vinto tu (visto che poi la Sony ti ha affidato Pantera rosa 2 ma giuridicamente? Hai subito altre imposizioni censorie?
Il presidente della 20th Century Fox decise di contestare un mio lavoro eseguito a regola d’arte, soltanto per far sfoggio del proprio potere; e io gli feci causa. Ma in un momento in cui avevo dei problemi più seri, mi giunse la proposta di un “accordo conveniente” e decisi, obtorto collo, di interrompere l’azione legale.
Il passaggio negli ultimi anni alla traduzione poetica (Shakespeare e Donne) è stata una sorta di evoluzione artistica che ha a che fare con i tuoi lavori nel cinema o è una rottura con l’ambiente del cinema che non ti interessa più.
Non il disinteresse per una professione con me tanto generosa, ma la nascita di un interesse nuovo sulla traduzione mi hanno portato a considerare quanto, se fatta in scatola, possa nuocere a un’opera. Voltaire scriveva: “guai a quelli che fanno traduzioni letterali, traducendo ogni parola snervano il significato; la lettera uccide, lo spirito vivifica”. E vado via via convincendomi che una traduzione letterale abbia contribuito a danneggiare, per esempio, tutte le opere di Friedrich Hebbel, contemporaneo di Ibsen (Giuditta, Erode, Gige, Agnese Bernauer) e anche a John Donne, il più grande poeta metafisico inglese; e perfino lo Shakespeare dei Sonetti. Tentare di tradurre in endecasillabi alcune di queste opere, mi è sembrato un modo per avvicinarmi a autori che hanno scritto in versi, e sono sempre stati tradotti in prosa.
Doppiare gli attori italiani ti ha creato problemi, visto l’ideologia della voce/volto poi diventata tutela sancita dai contratti? Per esempio Carmelo Bene nell’Edipo Re di Pasolini possibile che abbia accettato di essere doppiato da te, per quanto collega di corso all’Accademia?
Nessun problema. A un attore non veniva detto chi sarebbe stato doppiato, né da chi.
Agli inizi degli anni 60 fu fondata la SAI, (allora società, poi sindacato attori) e il contratto che ne seguì, stabilendo per l’attore il diritto alla propria voce e il dovere di imparare ad usarla, smorzò anche in parte, le polemiche tra due schieramenti, ciascuno con rappresentanti di grande prestigio: i pro e i contro il doppiaggio.
Tu che hai doppiato il Superman di Christopher Reeve cosa pensi della attuale dittatura al box office dei super blockbuster Marvel? Sei molto critico come Scorsese? Sono film di situazione e mai di emozione?
Sono più vecchio di Martin Scorsese, potrei non essere d’accordo con lui? Anche io soffro la mancanza di umanità.
Il doppiaggio italiano è ancora “migliore del mondo”, secondo lo stereotipo, perché abbiamo una lingua particolarmente musicale oppure perché, anche grazie al vostro lavoro, avete trasformato la lingua burocratica e ‘morta’ del fascismo, in una struttura aperto agli influssi dialettali? Pasolini diceva che Gadda, ma anche Stoppa, Eduardo, Laura Betti e i cabarettisti stavano mettendo dinamite salutare dentro un corpo morto….
Quando il Italia si cominciò a doppiare, gli attori eseguivano insieme laboriose e attente prove di un rullo intero, come in teatro, prima di passare alla registrazione che era molto costosa e delicata, perché l’errore di un interprete costringeva a rifare tutto dall’inizio. È preistoria perché presto questo procedimento fu sostituito dalla più economica e comoda incisione su nastro magnetico(sistema Fonoroma, più o meno negli anni 1945-1950). Si arrivò poi al Vergin Loop, al Rock and Roll e a tanti altri sistemi tutti superati, e finalmente, col passaggio dall’analogico al digitale, ecco Pro Tool che tra la perizia dei fonici e la prontezza degli attori, è il sistema più economico e più rapido, ed è praticato da tutti i territori. È evidente che non si può più parlare di primati, se non di quello che ci offre “una lingua particolarmente musicale” e talvolta la sensibilità di unartista.
Sei d’accordo con la nomina di Willem Dafoe alla direzione della Biennale teatro?
Il rischio di scelte che fanno rabbrividire, mi fa accettare col sorriso, questa.
[in copertina: Pino Colizzi e Lea Massari in Anna Karenina]