I- Manicaretti greco-romani
Nell’abbondanza della mensa dei tiranni, va’ ricercato il Linguaggio del Potere. Non c’è solo vanità e ostentazione di ricchezza.
A tavola, “la varietà dei pesci di mare e di fiume, è una prova di vasto dominio”. L’Imperatore Geta (189-212) “mangiava in ordine alfabetico”, facendo servire come entrata i cibi che cominciavano con la lettera A.
Da parte sua Gibbon ricorda che i festini più fastosi dei Romani potevano essere interrotti per l’improvvisa irruzione dei Notai. Se infatti alle mense giungeva un uccello, un pesce o un ghiro, di proporzioni superiori al normale, il pranzo si fermava, si chiamavano i funzionari ufficiali col loro metro e le loro bilance, e si verificava se per peso e per le dimensioni, quei manicaretti non meritassero d’essere registrati in un “libro dei primati”.
Eliogabalo, il tiranno che gradì anche il titolo di “Imperatrice”, abbandonatosi con dovizia a ogni sfrenatezza gastronomica, presto se ne ritrovò sazio, esausto e nauseato. Bandì quindi una gara tra cuochi, anche improvvisati, perché rendessero più appetitose le sue vivande; ma chi gli proponeva nuovi menu e nuove gozzoviglie culinarie, molto rischiava, in quanto il despota non perdonava mai una delusione patita: “La scoperta d’un nuovo intingolo” – riferisce Gibbon – “era ricompensata generosamente, ma se esso non piaceva, l’inventore era condannato a non mangiare altro fino a che non ne avesse trovato uno più gradito al palato dell’Imperatore”.
Non sembra però una punizione così crudele: di solito si imbandiscono alla mensa dei potenti i manicaretti più costosi, prelibati e ricercati. Certo l’imposizione nuoce a una dieta bilanciata, ma questa fu scoperta solo nel secolo Ventesimo.
Racconta Eliano: “Ho appreso che i cuochi ben esperti nella loro arte, quando vogliono che non si spezzino le pance delle triglie arrostite, le baciano sulla bocca. Così, a quanto dicono, esse si mantengono intatte”.
Qualcosa di questa questa pratica culinaria sembra si sia conservato nei costumi dei “mafiosi”, che danno volentieri alle loro vittime designate il cosiddetto “bacio della morte”.
II- Schizzi e Bozzetti
Winston Churchill – a leggere un giornale americano ritagliato da Bertolt Brecht nel suo Diario di lavoro –, può essere in certo senso considerato l’inventore della “Gastronomical Architecture”, l’Architettura Gastronomica. Anche durante la guerra aveva delle pretese da ghiottone, soprattutto nel campo dei sandwich “robusti”, e poteva capitargli di non essere compreso, nelle sue richieste, ispirate ma troppo personali, dal cameriere di turno. Allora prendeva carta e matita e “schizzava” il sandwich desiderato, mostrando l’esatta misura e lo spessore della carne, e la grandezza del pane. “Se c’é una cosa che non sopporto” – ë una sua frase – “é dover dare due morsi a un sandwich prima di riuscire a capire che cosa c’é dentro”. Il premier britannico era convinto, si sa, d’essere un ottimo pittore e disegnatore.
III- Il Cibo Celeste
Ci furono – è documentato – figure di mistiche che si nutrirono durante la loro vita, per molti anni, solo di ostie consacrate, neppure intere. É il caso di Marta Robin (1902-1981), stigmatizzata, che visse solo di sfoglie sottili di quel Pane, assumendone appena due alla settimana, per cinquant’anni.
Teresa Neumann, provata da una grave malattia, non poté ingerire nulla di solido dal 1922, e nulla di liquido dal 1927. Ciononostante, visse fino al 1962, in stato di lieta e totale inedia. Per quasi quarant’anni, testimonia lo studioso dei Fenomeni fisici del Misticismo Orlandi, “se si esclude il Santissimo Sacramento nulla di digeribile é mai più passato sulle sue labbra: anzi, ella non poteva ricevere nemmeno un’intera particola, come gli altri fedeli, ma solo un minuscolo frammento dell’ostia consacrata”.
Benché si pensi il contrario, la Manna, una prelibatezza piovuta miracolosamente giù dal Cielo e che in sé conteneva i sapori più diparati, non fu affatto gradita dagli Ebrei. Eppure, in quel momento – nomadi – morivano di fame nel deserto. Avverte san Juan de la Cruz nella sua Notte Oscura: nella Bibbia (Esodo, 16; e Numeri,11,5) sta scritto che questo cibo celeste “si convertiva nel sapore che ciascuno desiderava”; ma “con tutto ciò essi sentivano più la mancanza dei gusti e dei sapori delle carni e delle cipolle che mangiavano prima in Egitto, tanto il loro palato era stato goloso di esse, che non la dolcezza delicata dell’ angelica manna, e piangevano e gemevano per quelle carni”.
Anche gli Shmoo inventati dal fumettista ebreo Al Capp, le creaturine teneramente devote all’umanità, fino al punto da gettarsi per amore di essa, volontariamente, in padella per offrirsi come “cibo”, una volta scottati sulla brace, assumevano il sapore desiderato. E Carl Barks nel “Tesoro sottozero” mandò i suoi Paperi disneyani alla ricerca di una misteriosa palla ghiacciata che, appena sfiorata con la lingua, si rivelava in possesso di tutti i gusti ammanniti nelle migliori gelaterie.
[in copertina, tavola del “Maestro della Raccolta della Manna”]