I- Il Fiuto per la Cronaca Nera
Trovo in Internet un’agghiacciante – soprattutto perché vera – variazione di un topos narrativo tipico del “giallo”, del Mistery, del poliziesco: “l’Enigma della Camera Chiusa”. Di solito, però, in questi generi letterari, è la vittima del delitto che viene scoperta “per prima” dal detective, mentre giace in una stanza “sbarrata dall’interno” – e dapprincipio non si riesce a capire come abbia fatto l’assassino a scappare dalla scena del crimine.
Nel nostro caso, è avvenuto esattamente il contrario. L’omicida era già sottochiave.
“È davvero impressionante la storia che arriva dal Perù e che riporta il Daily Mail del 3 dicembre 2010. L’olandese Jackson Conquet, 32 anni, detenuto nel carcere di Lurignacho, ha confessato l’omicidio della propria fidanzata Leslie Paredes, 22 anni, uccisa durante una visita e dopo che lei gli aveva annunciato la decisione di troncare la loro relazione. L’uomo è riuscito a nascondere il cadavere della ragazza sotto una lastra di cemento [che si trovava nella sua stessa cella].
Le autorità carcerarie si sono accorte del delitto solo tre mesi più tardi, grazie al forte odore proveniente dalla cella. Nessuno si era accorto che la ragazza non aveva mai lasciato la prigione”.
Un Delitto che si può considerare “quasi perfetto”, finché non è intervenuta la vittima a denunciare, nell’unico modo possibile, il suo assassino.
Un nuovo Edgar Poe avrebbe forse intitolato un racconto come questo: “Il Naso Rivelatore”.
II- “Il Sonno Propizio“
Questo Protogiallo mi sembra uno splendido precursore di tutti i “delitti della camera chiusa”, crimini che, come I delitti della Rue Morgue, avvengono in circostanze inspiegabili:
“I fratelli Celii, di nobile famiglia terracinese, erano stati accusati di parricidio, perché il loro padre era stato ucciso nel sonno, mentre loro dormivano su un altro letto della stessa camera. Ma, non trovandosi schiavo o libero su cui far cadere i sospetti, furono assolti con la sola motivazione che i giudici avevano assolutamente accertato ch’essi erano stati trovati immersi nel sonno, quando la porta era stata aperta.
Il sonno, segno incontrovertibile di serena innocenza, portò aiuto a quei poveretti: giacché si giudicò che la natura non avrebbe consentito che, ucciso il padre, potessero ambedue prendere sonno accanto al suo cadavere insanguinato”.
[da Valerio Massimo, Detti e fatti memorabili]
III- Le astuzie della Vedova Precoce
Anche questa vicenda si svolge nell’antica Roma.
Una moglie crudele vuole uccidere il marito con un veleno, approfittando di una sua malattia passeggera.
Promette 50 mila sesterzi a un medico corrotto e compiacente, perché gli propini un farmaco mortale. Quando il marito sarà sepolto, la somma sarà liquidata.
Di fronte al capezzale della vittima, la donna però raduna un numero elevato di testimoni, e prima che il medico somministri il bicchiere con la bevanda fatale, di fronte a tutti, gli intima: “Bevi anche tu, di quella medicina, così saremo sicuri che non sia un veleno!”
Lo scopo della moglie malvagia (una vera “Dark Lady” ante litteram del “Noir”), è evidente: in un colpo solo, liberarsi del marito e del sicario – un teste potenziale che avrebbe potuto mandarla al patibolo –, e in più risparmiare persino il denaro concordato.
Né il medico può denunciare il complotto, senza bere il suo intruglio: perché tutti hanno sentito la donna difendere il marito da un possibile attentato, e nessuno gli crederebbe, se adesso l’accusasse. Così il dottore sorbisce un sorso abbondante di veleno, pensando di riguadagnare subito il suo laboratorio, dove conserva un antidoto. E la coppa mortale viene passata all’ignaro marito, che ne beve.
Il medico ha una fretta indiavolata, e sta per uscire dalla stanza, senonché la donna lo arresta giusto sull’uscio, dicendo: “Aspetta ancora: vogliamo essere sicuri che la medicina faccia un effetto salutare, e non accada il contrario”.
Insomma, il medico, trattenuto così a lungo, spira appena giunto a casa: e il giovane marito dell’arpia, poco dopo, lo segue nell’Averno.
Questo racconto, che è forse il primo mystery che si basi sul prototipo d’un “delitto perfetto”, si trova nel meraviglioso libro di Apuleio L’asino d’oro.
[in copertina: Morfeo, di Jean-Bernard Restout]