I- Quando Dante, nel canto XXVII dell’Inferno parla con Guido da Montefeltro, questo Machiavelli ante-litteram (non per nulla recluso nel girone dei “consiglieri fraudolenti”), si confida con lui, sicuro che nessun mortale saprà mai ciò che si sono detti. Uomo d’azione e di guerra, scomunicato a più riprese, oltreché brillante stratega militare, Guido, ormai settantaquattrenne, era diventato francescano. Pensava, così, d’essersi guadagnato una porziuncola di Paradiso. Ma Bonifacio VIII, subdolo papa, lo convocò all’improvviso per ottenere un consiglio: era in guerra con Palestrina e non sapeva come espugnarla. Il frate tentennò; non voleva suggerire, come soluzione, uno spergiuro che rompesse un patto. Allora il pontefice lo convinse assolvendolo preventivamente agli occhi del Signore dal peccato che stava per compiere (versi 100-2). Guido, poco persuaso dell’opzione militare, consigliò di far cadere la fortezza con l’astuzia: bastava promettere la pace, qualche ricompensa, fingere perdono, e non mantenere la parola data (versi 108-11).

Or, quando Guido muore, si muove per la salvezza della sua anima san Francesco in persona, il fondatore del suo ordine. Ma trova un ostacolo insormontabile nel diavolo che ha pedinato il frate, da anni, per ghermirne l’anima al momento giusto:
«Francesco venne poi, com’io fu’ morto,
per me; ma un d’i neri cherubini
li disse: “Non portar, non mi far torto.
Venir se ne dee giù tra’ miei meschini
perché diede il consiglio frodolente,
dal quale in qua stato li sono a’ crini;
ch’assolver non si può chi non si pente,
né pentere e volere insieme puossi
per la contradizion che nol consente”.
Oh me dolente! come mi riscossi
quando mi prese dicendomi:
“Forse tu non pensavi ch’io loico fossi!”» (versi 112-23).

Gli è che Bonifacio VIII aveva per l’appunto promesso al suo consigliere qualcosa che né voleva né poteva mantenere. Non si dà assoluzione preventiva dei peccati.
Neppure il Papa può.
Per essere prosciolti dalla colpa, son necessari sincera contrizione, pentimento. Ma se si è sinceramente addolorati per il proprio peccato ancor prima d’averlo commesso, è giusto allora che il peccato non si compia affatto, visto che il farlo o non farlo, è ancora nella potestà e nell’arbitrio del – futuro – colpevole. Né si può peccare in modo grave, appositamente, “strumentalmente”, allo scopo di “pentirsi” solo dopo aver compiuto il crimine. Se il desiderio di pentimento è autentico, esso deve di necessità precedere il delitto, e impedirlo, non appena s’è affacciato all’immaginazione.
Questi termini non possono essere invertiti, né cronologicamente, né logicamente. Il diavolo che ci sta sempre alle calcagna è infatti un “Logico” provetto, un fine “Ragionatore”, che non si fa ingannare dalla parvenza di legalità, né dall’autorità dello scranno da cui proviene l’Assoluzione.
II- Il Diavolo “Loico” di Dante, certifica dunque, ghermendo la propria vittima sicura dell’immunità per portarla giù nell’Inferno, che non è possibile “peccare e pentirsi al momento stesso”. A parziale rettifica, Waree racconta invece la divertente astuzia d’un ladro che confessa a un prete il proprio peccato nell’istante stesso in cui lo compie, e non solo viene assolto per la sua colpa, ma trattiene pure la refurtiva con la benedizione del sacerdote.
I fatti, desunti a quanto sembra da una Corrispondenza del 1776, sarebbero andati in questo modo:

Un furbo giovane chiede di essere confessato da un celebre e ricco prete, privatamente, nelle sue stanze. Appena è in ginocchio davanti a lui, durante i preliminari del sacramento, sfila con abilità l’orologio d’oro dalla tasca del sacerdote e, senza che questi si avveda di nulla, se ne impadronisce.
Cominciata la confessione, il ladro chiede, contrito, l’assoluzione per aver rubato un certo oggetto prezioso, che dice di avere ancora tra le mani, in suo possesso.
« “Oh, non voglio neppure ascoltarvi finché non l’avrete restituito!” – protesta il prete.
“Ma padre, non volete prenderlo voi?”
“No, assolutamente, spetta a voi riportarlo”.
“Ma io non lo posso rendere, perché, vedete, il proprietario si è per l’appunto rifiutato di riprenderlo”.
“Se le cose stanno così, potete tenerlo, e se siete pentito, io vi assolvo”».
Il falso penitente gli bacia le mani con riconoscenza, e scappa via.
Solo più tardi il confessore, cercando di conoscer l’ora che s’era fatta, scopre il raggiro.
