Il luogo dei Padri è l’Egitto, la sterminata e arida Tebaide. Spira debitamente nei racconti che li riguardano una brezza orientale, da Mille e una Notte, con i diavoli che prendono ll posto dei jinn.
I- Vite d’Ombra
La Vita dei Padri sfugge di per sé a ogni definizione: non lasciar né impronta, né sentore, pare la loro, massima, aspirazione.
“Si diceva dell’abate Arsenio che nessuno poté dire mai come vivesse”.
Sorprende anche, nei detti di questi Santi eremiti, la denuncia dell’improvvisa scomparsa del Deserto: “Non c’è più deserto, ormai”, dice un anziano a un abate. “Va’ dunque in un luogo popoloso, nel mezzo della folla, restaci e conduci te stesso come un uomo che non esiste. Avrai così il sovrano riposo”. Affermazione, questa, che – profferita nel IV secolo d.C., 1500 anni prima di Violetta Valéry [nella Traviata, atto I ella allude: al “popoloso deserto che è Parigi”] – ci turba perché assimila, credo per la prima volta, la città al suo contrario, al raso al suolo.
Qualsiasi attentato contro se stessi parve santificato agli occhi dei Padri del Deserto. Una volta un monaco chiese a un vecchio, che faceva dura penitenza sotto il sole cocente:
“Che fai, padre? Perché tu così vecchio, in questa calura, vai uccidendo il tuo debole corpo?”
E il vecchio rispose: “mi uccide, e io uccido lui”.
«Vi era nel deserto un anacoreta che pasceva coi bufali.
Rivolse a Dio questa preghiera: “Signore, insegnami ciò che mi manca”. E una voce gli disse: “Entra nel tal cenobio e fai quello che ti diranno”: Egli entrò dunque nel cenobio e vi rimase. E non conosceva nulla del lavoro dei monaci, sicché i monacelli cominciarono a insegnargli i vari lavori e gli dicevano: “Fa questo, idiota! fa quello, vecchio stolto!”. E, afflitto, egli disse a Dio: “Signore, il lavoro degli uomini io non lo capisco, rimandami dai bufali”. Dio glielo consentì ed egli ritornò alla campagna a pascere con i bufali. Laggiù gli uomini avevano teso delle reti. Alcuni bufali vi caddero dentro e, a sua volta, vi cadde dentro l’anziano.
Gli venne il pensiero: “Tu hai le mani, sciogliti dalle reti”. Ma poi rispose a quel pensiero: “Se sei un uomo, ti sciogli e vai a vivere con gli uomini, ma se sei un bufalo, allora non hai mani“. E restò nelle reti sino al mattino. Quando gli uomini vennero a prendere i bufali, alla vista del vecchio furono colti da terrore. Lui non disse parola. lo sciolsero e lo lasciarono partire. Fuggì correndo dietro i bufali”».
«Fu domandato a un anziano: “Perché ho paura, quando cammino nel deserto?”.
“Perché vivi ancora”, rispose».
Il significato, profondo, crudele di questa sentenza non è affatto quello mistico della morte “nella” vita come unica condizione per guadagnare la vita dopo la morte, ma l’esatta, folgorante certezza, immediata, sensibile, che in realtà quando si ha paura non si teme per la propria “Vita”, ma per il fatto di non essere ancora morti – cioè si teme per la propria “Morte”, essendo la Paura un sentimento estremamente vitale. Dal che deriva che solo chi è già morto cammina nel deserto o nel buio, “senza paura”, e perciò non ha un motivo per spaventarsi lui stesso, ma molti per spaventare gli altri. Tutte le narrazioni d’assalti di spettri o demoni dicono forse, in controluce, questa verità: che noi siamo Morti evasi dall’Ade e prestati alla Vita, e che per questo gli Spiriti che da lì provengono hanno potere su di noi, il potere di ricondurci lì da dove siamo colpevolmente fuggiti.
Ecco cosa ci rivela la Paura, quando insorge: che noi siamo in pegno, in questa nostra esistenza, e stiamo per essere “restituiti”. Un pensiero che siamo pronti a scacciare con ogni mezzo e ogni forma di distrazione.
Narra l’enciclopedista italiano Leopardi: “Volendo dopo cena tornare a casa, prendeano gli antichi dalla mensa un tozzo di pane, al quale davasi il nome di apomagdalia e lo recavano seco per preservarsi dai terrori notturni, che poteano sorprenderli per la strada”. Particolarmente temuti, per questi assalti, erano i trivi: almeno così dice Ateneo (nel Deipnosoph. lib. IV).
II- Miracoli
Atanasio parlando dei grandi miracoli di Antonio, il Santo del deserto, aggiunge anche questi:
“Quante fanciulle già promesse spose, solo per averlo visto al di là del fiume, rimasero vergini in Cristo!” [“Quantae autem sponsatae virgines, tantum videntes eum de trans flumen, permanserunt virgines in Christo“].
Sul capo di Atanasio, perseguitato da Giuliano, pendeva la condanna a morte. Fu mandata presso il Nilo una spedizione, guidata da un nobile sgherro dell’imperatore, con il compito di ucciderlo. Atanasio seppe che un sicario lo cercava mentre era in un barcone che risaliva il fiume. I suoi fedeli lo pregarono allora di nascondersi in un eremo sperduto del deserto. Ma Atanasio rispose: gli andrò invece incontro, “acciò conosciamo, che molto più potente è chi ci difende, che chi ci perseguita”.
Mentre tornava ad Alessandria, gli comparve di fronte lo sgherro, con tutto il seguito degli assassini. Non avendolo riconosciuto, “il nimico, domandò ad Atanasio se havesse per il Nilo incontrato Atanasio. À cui rispose Atanasio, che esso a più potere se ne fuggiva verso il mare, che se s’affrettasse, lo potrebbe arrivare”.
L’inviato di Cesare scatenò i suoi all’inseguimento. Così racconta Gilio da Fabriano, in Le Persecutioni della Chiesa [III].
Non restò deluso, chi da questo incontro, attendeva un miracolo. Di certo miracoloso fu che Giuliano avesse scelto, per uccidere un Santo, un simile Cretino.
III- Tentazioni
Ci fu un anziano, nel Deserto dei Santi, che disse al demonio, che voleva soggiornare presso di lui, per insidiarlo: “Vieni, mi farà piacere“. Il diavolo venne, e lui lo costrinse a dodici anni di dura penitenza.
La Logica, più che l’esperienza, consente talvolta al Sant’Antonio anacoreta di non cedere agli inganni di Satana.
Per esempio, un giorno, attraversando il deserto, incappa in un “enorme vaso d’argento”. Il luogo é solitario, isolato, e non c’è creatura umana o disumana all’orizzonte. Antonio “abduce” che dentro quel prezioso recipiente deve trovarsi sicuramente il diavolo.
Ragiona così: «”Da dove viene questo vaso nel deserto? Questa non é una via percorsa, né si vedono tracce di viandanti, i quali avrebbero attirato l’attenzione su di esso. Inoltre é così grande, che nessuno potrebbe passare per la strada senza vederlo. Se poi qualcuno l’avesse lasciato cadere, chi l’ha perso avrebbe potuto tornare a cercarlo, e ritrovarlo. Il luogo è deserto. Tutto ciò è arte del diavolo, ma neanche questa volta tu ostacolerai la mia propria volontà. Perché “questo vaso andrà in perdizione assieme a te”.
A questo punto il vaso dileguò “come fumo davanti al fuoco”».
[in copertina: L’eremita san Paolo e sant’Antonio, di Baltasar de Echave Ibía (particolare)]