I- Il Letto di Procuste
Il primo dei Chirurghi-Sperimentatori di cui si abbia notizia è il mitico Damaste, anche detto Procuste.
È figura leggendaria, ma i suoi atti sono così gratuiti che si stenta a credere siano del tutto immaginari. Il Mito, di solito, si dà un’altra regola nelle sue invenzioni. Più pratica.
Il “Letto di Procuste” è invece una “Misura Universale Priva di Scopo”.

La sala operatoria era posta ai margini di un trivio. Il famigerato brigante dimorava lì, sul ciglio della strada, in attesa dei viandanti. Offriva loro ospitalità; quindi facilmente li acciuffava e, a seconda della statura, li legava distesi su due letti, uno grande, l’altro piccolo, la cui scomodità divenne proverbiale.
Procuste (o Damaste come anche fu chiamato), secondo l’Epitome della Biblioteca di Apollodoro, faceva sdraiare i forestieri più bassi “sul letto grande e li martellava tanto da adattarli al giaciglio, mentre quelli alti li faceva sdraiare sopra il letto piccolo e segava loro le parti sporgenti”.
Per la tradizione, e per d’Holbach (Il Buon Senso), il letto di Procuste era invece uno solo. Poste le vittime su di esso, il cerusico “tagliava le membra quando erano troppo lunghe, o le allungava facendole trascinare da cavalli quando erano più corte del letto sul quale egli li costringeva a collocarsi”.
Se il letto però fosse stato un pezzo unico, non si capisce cosa succedesse a quei passanti che erano della “giusta misura”. Mentre proprio raddoppiando il giaciglio, Procuste avrebbe fatto in modo che nessuno potesse salvarsi dai suoi strumenti di eccellente chirurgia. Si è sempre: o troppo alti, o troppo bassi, rispetto a due misure di paragone.
Il gigantesco brigante fu ucciso da Teseo, che, per contrappasso, lo sottopose alla stessa tortura mortale utilizzando il suo famigerato letto. Ignoro se il suo corpo risultò più piccolo o più lungo di quella ormai standardizzata “unità di misura orizzontale”.
In ogni caso, Procuste fu un chirurgo disinvolto (antesignano di una genìa di colleghi la cui discendenza è giunta fino a noi).
L’arditezza e la laboriosità dei suoi delitti dimostrano che non gli interessava tanto uccidere, quanto sovvertire un Ordine precostituito. Quello della Natura.

II- La “Gerusalemme su Mattone” di Ezechiele
Tra le rappresentazioni artistiche più “ispirate” della Storia va certamente annoverato il mattone d’argilla istoriato da Ezechiele, dietro ordine preciso dell’Altissimo.
Il profeta dovette disegnare su quella superficie la città di Gerusalemme, e subito dopo aizzarle contro un assedio, come fosse un fortilizio circondato dai soldatini che si danno ai bambini.

Gli disse infatti il Signore: “Rizza contro la città torri mobili, innalza un terrapieno, disponi gli accampamenti e distribuisci gli arieti all’intorno. Prendi allora una padella di ferro e ponila come muro di ferro fra te e Gerusalemme, poi tieni fisso il tuo sguardo severo verso la città che verrà investita e tu l’assedierai (…) E fisserai col tuo sguardo l’assedio di Gerusalemme, tenendo steso il tuo braccio nudo e profeterai contro di lei. Ecco, io ti lego con funi, sì che tu non ti possa voltare da un lato o dall’altro, fino a quando tu non abbia compiuto i giorni del tuo assedio”, centonovanta passati sul fianco sinistro, più quaranta su quello destro. (Ezechiele, 4, 1-8).

Il profeta Ezechiele è anche famoso tra i posteri per la sua dieta alimentare, che, tra tutti i biblisti del passato, ha scandalizzato il solo Voltaire. “Il Dio dell’universo”, scrive l’illuminista nel suo Dizionario Filosofico, ordinò a questo suo invasato di mangiare letame di provenienza umana. Ezechiele, per trecentonovanta giorni, si nutrì di pane d’orzo, di frumento e di miglio”, spalmato di lordure. Dopo di che il profeta esclamò: «”Puah, puah, puah! la mia anima non si è ancora mai contaminata”. E il Signore gli rispose: “Ebbene io ti concedo sterco di bove invece d’escrementi d’uomo: impasterai di sterco il tuo pane”».
Le moderne versioni del libro preferiscono però tradurre questi passi in altro modo: quel concime doveva servirgli solo da combustibile, non da commestibile. Il “pane di Ezechiele” è stato trasformato in una ricetta tradizionale e viene tuttora cotto nei forni, si spera, diversamente alimentati.

In ogni caso: si immagini lo stupore che suscitò il profeta legato davanti all’immagine miracolosa, con la sola mano libera che stringeva una padella, e una pila di gallette di legumi e cereali come unico cibo – che Ezechiele doveva cuocere sopra un fornello in cui bruciavano i suoi stessi rifiuti organici. Si immagini, soprattutto, la reazione dei gerosolimitani, quando appresero che era stato Dio in persona, a ordinarglielo.
