
I- Secondo lo studioso di Miti Ebraici Robert Graves, il primo vecchio ‘”canuto”, nella storia dell’Umanità, non fu Adamo, ma Abramo, cui il Signore conferì bianchezza di crine, per distinguerlo “da Isacco, col quale gli stranieri spesso lo confondevano”.
II- Come il mito biblico di Sansone sta a dimostrare, molti popoli della Terra hanno da sempre ritenuto vi fosse un rapporto diretto e manifesto tra Anima e Capigliatura. Riporta Frazer (nel Ramo d’Oro): – “Gl’indigeni dell’Amboyna credevano di avere nei capelli la loro forza […]. Un accusato messo alla tortura in un tribunale olandese di quest’isola insisteva a negare il suo delitto finché non gli furono tagliati i capelli: e allora confessò tutto. Un altro processato per omicidio sopportò senza un lamento tutte le torture più raffinate, finché non vide che portavano un paio di forbici. Domandò a cosa servissero, e udito che stavano per tagliargli i capelli confessò tutto”.
Il taglio dei capelli, di conseguenza, li esponeva a detta loro a dei pericoli che andavano schivati con ogni mezzo. “Il capo di Namosi nelle Figi quando s’era fatto tagliare i capelli mangiava sempre un uomo per precauzione”. La vittima veniva fornita dallo stesso clan. Si può immaginare con quale trepidazione i selvaggi di quella tribù seguissero il rigoglio dei riccioli reali.

III- Il grande sovrano merovingio Clovis (Clodoveo I), per rimarcare fino a che punto lo onorasse, si strappò un capello, e lo diede in dono a Saint-Germier, come fosse uno dei suoi tesori più preziosi.
Il gesto non rivela solo una monumentale taccagneria, ha un significato più profondo: perché Clovis metteva in gioco le insegne del suo Potere.
“Ai re franchi non era mai permesso di accorciarsi i capelli: fin dall’infanzia dovevano astenersi dal tagliarli. Recidere la lunga capigliatura che ondeggiava loro sulle spalle” avrebbe comportato la rinuncia ai loro diritti al trono. Quando lo zio Clotario rapì i nipotini della regina Clotilde, legittimi eredi della Monarchia, spedì a Parigi “un messaggero con delle forbici e una spada nuda”. Clotilde capì: doveva scegliere tra la vita e la morte dei bambini, che solo se rapati a zero sarebbero sopravvissuti. Optò, orgogliosamente, per il mantenimento dei loro capelli. Furono uccisi entrambi.

IV- È pure certa, per i popoli meno evoluti, la dipendenza degli eventi atmosferici dalla cura della capigliatura: “Si sa che a volte gli indiani Tlinkit attribuiscono i temporali all’imprudenza d’una ragazza che s’è pettinata fuori casa” .
Anche negli Highlands vige un’antica credenza: “una sorella non deve pettinarsi di notte se ha un fratello in mare”. Si può parlare in questi casi di Jettatura involontaria: un vero flagello, per i superstiziosi.
V- Nel Vangelo di Matteo (10, 30), il Cristo sentenzia: “Tutti i capelli del vostro capo sono numerati”.
Le conseguenze di una tale autorevolissima e divina rivelazione sono prevedibili: “Nel villaggio di Drumconrath in Irlanda”, racconta ancora Frazer, “c’erano un tempo delle vecchie che, avendo letto nella Bibbia che i capelli del loro capo eran tutti noverati dall’Onnipotente, credevano di dovergliene rendere conto nel Gorno del Giudizio Universale, e per poterlo fare nascondevano i capelli caduti nella paglia del tetto delle loro capanne”.
In effetti, la deduzione ha una sua Logica: se non fosse per chiedercene ragione, per quale motivo Iddio dovrebbe perdere tempo e pazienza a numerarci i capelli?

romanzo di Stanley G. Weinbaum
VI- In uno dei suoi rari, ma sempre capitali, racconti di Fantasmi o racconti dell’Insolito, “Apparizione”, Guy de Maupassant narra di un nobile che, per sbrigare un affare al posto di un amico vedovo, arriva al castello di quello e si dispone a cercare delle lettere nella stanza della moglie, morta di recente. È solo, durante la ricerca, e attanagliato da una strana tensione, simile all’angoscia. Finalmente un soffio gelido rivela alle sue spalle una presenza. È “apparsa”, non si sa da dove, una donna in veste da notte, candida. Ha una lunga chioma corvina che le arriva fino ai piedi, sfiora il pavimento. Sembra sofferente, sospira, lacrima, e implora il giovane nobile di pettinarla, perché, dice, è l’unico modo di guarirla. Il ragazzo le spazzola i capelli, a lungo, ma tremante. L’Apparizione lo ringrazia e esce dalla stanza, sollevata. Il nobile fugge. Quando torna a casa, e è convinto d’aver avuto un’allucinazione, si accorge che intorno ai bottoni della sua giacca da ussaro sono annodati dei fili sottilissimi: sono i capelli della donna misteriosa.
Ci dev’essere un rapporto segreto tra questo racconto e la madre di Maupassant, Laure le Poittevin.
Una relazione ribadita da quanto avvenne dieci dopo la sua pubblicazione, datata 1883.
Laure – secondo Lombroso, “basedoviana” come il figlio –, apprendendo la notizia che suo figlio era morto pazzo in manicomio, tentò immediatamente il suicidio cercando di “strangolarsi con i suoi capelli. Bisognò tagliarglieli per salvarla”.
Assai prima, M. de Salis, giovane ufficiale delle Guardie Svizzere, perduta l’amatissima moglie – morta di parto –, per il gran dolore attentò ai suoi giorni fagocitando la propria zazzera acconciata. Fu ritrovato agonizzante, con la bocca ricolma e la gola piena di capelli, “che aveva assai belli”. “Esempio ben raro” – commenta il Mouchet – “soprattutto in questo nostro secolo perverso, d’un amore coniugale esaltato al suo più alto stadio”. Il fatto avvenne nel 1774.

IV- Nathaniel Hawthorne, nei suoi English Note-Books 1853-56, racconta un caso “vero”, che ha però il timbro “fantastico” dei suoi migliori testi letterari; un gioiello, che potrebbe intitolarsi: “La Buccola in Eccesso”. È un appunto dell’anno 1854, che narra in modo “capillare” la più stupefacente metamorfosi “cadaverica” di cui, al momento di scrivere la Fantaenciclopedia, io abbia avuto notizia:
“La nonna della signora O’Sullivan morì or fa mezzo secolo all’età di vent’otto anni. Tra le sue grandi attrattive fisiche figurava una bella chioma castana. Dopo la sua sepoltura nella tomba di famiglia, la bara d’uno dei figli fu sovrapposta alla sua, motivo per cui il coperchio di questa dovette marcire o spezzarsi; comunque, così lo si trovò circa un anno fa, quando venne aperta la tomba. Allora si scoprì che la bara della nonna era colma di bei riccioli lucidi, come viventi, in cui sembra si fosse trasformata l’intera sostanza corporea di lei, poiché la tomba non conteneva nulla all’infuori di quei riccioli luminosi, il frutto di mezzo secolo”.
Come se un bruco di farfalla cominciasse a tessere il suo bozzolo, e non finisse mai, fino a consumarsi e a scomparire del tutto in esso.
Continua Hawthorne, che dall’aneddoto autentico vorrebbe trarre lo spunto per un suo racconto: “si potrebbe immaginare che assista alla scena miracolosa un vegliardo, il quale custodisce in seno una buccola dell’amata”.
Lo stupore dell’antico innamorato è garantito: quel bene che credeva tanto raro e prezioso, veniva invece sornionamente prodotto in eccesso, inflazionato e svalutato, nel buio della tomba.